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Vita di città

Sos gioco d’azzardo

L’incertezza sociale ed economica genera la ludopatia

Presentazione progetto dell’Azione Cattolica: “La vita giocatevela bene!”
Tutti sono potenziali giocatori d'azzardo. E' quanto è emerso nel corso della presentazione del progetto dell'Azione cattolica della Diocesi di Molfetta: "La vita giocatevela bene!", a cui ha aderito anche la Consulta femminile. Se fino a qualche anno fa la "dipendenza da gioco" era legata soprattutto a coloro che frequentavano i casinò, con l'avvento e la legalizzazione della slot machine, dei centri scommesse e dei "gratta e vinci" tale dipendenza coinvolge tutti.
Ed ecco gli identikit dei giocatori tipo: uomo trentacinquenne che predilige i centri scommessa e le slot machine; donna cinquantenne pensionata e/o straniera che preferisce nascondersi nell'anonimato dei "gratta e vinci".

Le donne, come hanno fatto rilevare i relatori, sono le più restie a chiedere aiuto, ma sono anche le più determinate e tenaci ad aiutare gli uomini dipendenti.
Nella Diocesi di Molfetta «si è voluto aderire - ha detto la presidente Angela Paparella - alla proposta di legge di iniziativa popolare sul riordino delle leggi vigenti sul gioco di azzardo, che ha visto la raccolta di 5904 firme nella Diocesi pari al 10% di quelle raccolte sul territorio nazionale (60.000mila)». L'obiettivo dell'Azione cattolica, coinvolgendo in questo progetto tutte le fasce di età, è quello di sensibilizzazione al fenomeno del "gioco di azzardo", perché i bambini, i ragazzi e gli adulti siano testimonianze positive.

Le diverse sfaccettature del gioco di azzardo sono stata esaminate da Giuseppe Fiorentino, psichiatra del Centro di salute mentale e, dalla psicoterapeuta Serena De Gennaro, psicoterapeuta, che hanno spiegato le motivazioni per cui si inizia a giocare.
Fermo restando che ogni storia, ogni persona, ogni inizio è un caso a sé stante, ma ciò che accomuna tutti i giocatori, hanno detto i relatori, è la solitudine, la ricerca del benessere ora e subito. Non è un caso che la "ludopatia" come fenomeno sociale si sia generato in un momento di incertezza sociale ed economica, quindi il gioco serve per dominare l'incertezza, quasi a voler colmare un vuoto, una valvola di sfogo.

Tutti concordi i relatori nel ritenere che non si può chiamare gioco, perché il gioco è una forma di libertà, è costruzione creativa, non crea dipendenza, non genera guadagni. La prevenzione rimane la strada principe, accanto alla defiscalizzazione dei locali che non hanno macchinette, la creazione di una rete sociale di relazioni sono le vie maestre da perseguire.
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