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Beni confiscati alla criminalità, un elenco per Molfetta

Unica destinazione: «eventuali collocazioni di Forze di Polizia»

Antimafia
MOLFETTA - Anche il Comune di Molfetta avrà un suo elenco degli immobili confiscati alla criminalità organizzata. Sarà il dirigente degli Affari Generali a compilare una scheda ricognitiva, su incarico conferito dalla giunta Natalicchio. Si tratta di un provvedimento importante per Molfetta, anche in riferimento a quanto stabilito dal Codice delle Leggi Antimafia che individua i Comuni quali destinatari di questi immobili da utilizzare per fini istituzionali o sociali (in base all'art. 48 del Codice, gli enti territoriali sono tenuti a predisporre un apposito elenco da pubblicare e aggiornare periodicamente).

A Molfetta, dopo le operazioni "Primavera" (2000) e "Reset" (1995) che portarono alla condanna definitiva di numerosi narcotrafficanti locali, sono stati confiscati alcuni beni immobili un tempo appartenenti proprio ai componenti dei gruppi criminosi. Purtroppo, ad oggi, di quegli immobili si è quasi perduta ogni traccia nella comunità molfettese (e probabilmente anche a livello burocratico), ad eccezione di un immobile in via Santa Teresa (come segnalato sul sito Liberailbene della Regione Puglia): eppure, già nel 2001 alcuni beni confiscati erano stati già assegnati al Comune di Molfetta che, però, non ha mai attivato la procedura sancita dalla Legge n.109/96.

Perciò, l'amministrazione Natalicchio ha stabilito non solo di redigerne un elenco, ma anche di destinare uno fra gli immobili a «eventuali collocazioni di Forze di Polizia che il Governo centrale dovesse voler stabilire sul territorio di Molfetta», considerato che è stato avviato «un percorso istituzionale finalizzato ad ottenere ausilio dal Ministero dell'Interno, per portare una terza ma non meno importante Forza (la Polizia di Stato)» (delibera giuntale n.39/14). Senza dubbio, i beni confiscati alla criminalità sono un patrimonio di enorme valore non solo per l'oggettivo prestigio patrimoniale, ma soprattutto per il loro grande significato simbolico: sono, infatti, il segno tangibile dell'azione dello stato contro le mafie. Perciò, l'impegno dell'amministrazione comunale dev'essere quello di un uso dinamico ed efficiente degli immobili, senza ridursi a una propaganda politica o a un mero provvedimento cartaceo, pronto ad ammuffire negli scaffali comunali.

Infatti, i vari immobili dovrebbero essere destinati a servizi, attività di promozione sociale e anche lavorativa, non solo alla collocazione di un commissariato di Polizia (che pur rappresenta un importante servizio reso alla collettività). Altrimenti, si rischia di inventariare i vari immobili per poi perdersi nelle procedure farraginose, collezionando dei veri e propri "vuoti a perdere". Tra l'altro, secondo l'art. 48 del Codice delle Leggi Antimafia, i beni aziendali confiscati sono destinati, con provvedimento dell'Agenzia Nazionale che ne disciplina le modalità operative, all'affitto a titolo oneroso (a società e ad imprese pubbliche o private) o a titolo gratuito, senza oneri a carico dello Stato (a cooperative di lavoratori dipendenti dell'impresa confiscata), alla vendita, per un corrispettivo non inferiore a quello determinato dalla stima eseguita dall'Agenzia (a soggetti che ne abbiano fatto richiesta, qualora vi sia una maggiore utilità per l'interesse pubblico o qualora la vendita medesima sia finalizzata al risarcimento delle vittime dei reati di tipo mafioso), infine alla liquidazione.
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