Museo del Pulo ex Casina Cappelluti
Museo del Pulo ex Casina Cappelluti
Viva la storia di Molfetta!

"Spagnola" a Molfetta, l'epidemia che fece oltre 500 vittime in città

Molfetta pianse più vittime di quelle morte al fronte della Grande Guerra

Nel febbraio 1918 l'Agenzia di stampa spagnola FABRA trasmetteva: «Una strana forma di malattia a carattere epidemico è comparsa a Madrid … L'epidemia è di carattere benigno non essendo risultati casi mortali».
Se in Spagna si era cominciato a parlare della malattia, la stampa europea, soggetta in buona parte alla censura di guerra, poteva scrivere solo degli sviluppi della malattia nel paese iberico. Per questo la nuova malattia epidemica fu chiamata «spagnola». La medicina si dimostrava impotente: i dottori morivano contagiati e quelli che sopravvivevano vedevano i pazienti, parenti e amici, morire in massa. Le prime terapie utilizzavano il Fenazone per abbassare la temperatura, la tintura di Noce vomica per stimolare il sistema nervoso ed estratti dalla pianta Digitale per sostenere il cuore. Nel 1918, come oggi si capi subito che gli assembramenti erano fonte di contagio. Venne introdotto il confinamento, promossa la quarantena per coloro che erano sospettati di essere contaminati, e si fecero progressi nell'applicazione di misure preventive, che avevano già dimostrato storicamente la loro efficacia.
Molti medici erano fortemente contrari all'uso dell'aspirina, di recente invenzione che, pur abbassando la febbre, era accusata di favorire complicazioni polmonari e cardiache. Poi la fantasia di medici e farmacisti si sbizzarrì: un medico francese consigliava ai malati di bere molto vino rosso sino a che il berretto appeso al pomello della porta non fosse apparso sdoppiato. Lo scrittore veneziano Tito A. Spagnol fu caustico circa le cure in voga: «Quattro pastiglie di chinino e un po' di paglia per morirvi sopra».

E in Italia cosa accadde? Il nostro Paese, già messo duramente alla prova dalla Grande guerra, fu ulteriormente vessato dalla spagnola in tre successive ondate e il numero di persone decedute fu secondo solo a quello della Russia, dove il clima rigidissimo aggravava la situazione per i malati. In Italia, la pandemia contagiò circa 4 milioni e mezzo di persone, circa il 12% dell'intera popolazione che, all'epoca, contava circa 36 milioni di individui. I morti stimati furono tra i 375.000 e i 650.000 e il morbo colpì principalmente al sud, anche se la mortalità variava sensibilmente da città a città, apparentemente senza una regola. Al fronte, a metà ottobre, si arrivò a punte di 3000 nuovi casi giornalieri. Nella 1ª armata, nell'ultimo quadrimestre del 1918, si ebbero 32.482 casi di contagio con 2703 morti.

Anche Molfetta venne colpita dall'epidemia della spagnola. I malati venivano ricoverati nel lazzaretto dell'ex villa Cappelluti (ora Museo Archeologico del Pulo) e nel Preventorio. Nell'agosto del 1918, il Prefetto della Provincia di Bari, scrisse una lettera indirizzata ai Sindaci e agli Ufficiali Sanitari della Provincia, indicando le misure di profilassi da adottare a seguito dell'aumentare dei casi: "1) Identificazione e rapida denunzia della eventuale comparsa dei focolai. 2) Evitare possibilmente contatti sospetti. 3) Disinfettare mucose esterne attaccate e minacciate da processo infettive nonché punti più esposti contaminazioni sospette. 3) Speciale vigilanza reclamo collettività particolarmente predisposte quali caserme, convitti, scuole, teatri, cinematografi, etc. (…). 4) Buone pratiche preventive sono disinfestazione bocca, naso e mani, divieto di sputare in terra massimo in ambienti chiusi, pulizia e disinfestazione sistematica di oggetti maggiormente esposti agli inquinamenti boccali o nasali quali fazzoletti, apparecchi telefonici etc. (…). 6) Comprendendo focolaio epidemico ammalati vanno trattati con speciali precauzioni nell'interesse loro e di chi assiste. Infermieri e medici debbono indossare vestaglia non omettere disinfezione viso e mani o munirsi anche di opportuni schermi filtrati. 7) Intensificare il più possibile la vigilanza annonaria specialmente nei riguardi di frutta e latte; 8) Predisporre in tempo assistenza medica e farmaceutica assicurando provvista medicinali anche ai poveri".

Nel settembre del 1918 morirono di spagnola 386 molfettesi, nell'ottobre dello stesso anno 543 e dalle fonti epoca si disse che:" Si ebbero più molfettesi morti a Molfetta in due mesi che non al Fronte in cinque anni".

Fonti bibliografiche:
Andrea Cionci, Il mistero dell'influenza Spagnola del 1918: la pandemia uccise 10 milioni di persone in due anni, La Stampa, 23 gennaio 2018.
Corrado Pappagallo, L'epidemia la Spagnola nel 1918 a Molfetta, Quindici Molfetta, 15 aprile 2020.
  • Pulo
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