Paolo Borsellino
Paolo Borsellino

Trent'anni dalla morte di Paolo Borsellino. Il pensiero di Minervini

Il sindaco: «Ricordare il suo sacrificio è un dovere morale»

Sono trascorsi 30 anni da quel 19 luglio del 1992, quando, in via D'Amelio, a Palermo, rimasero uccisi il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della scorta Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.

Ad oggi i fatti collegati a quella strage non sono chiari. I contorni di quella strage restano poco nitidi. Il giudice Borsellino fu ucciso 57 giorni dopo l'attentato al giudice Giovanni Falcone, nel corso del quale rimasero uccisi anche sua moglie e gli agenti della scorta "Ora tocca a me" aveva detto Borsellino quando aveva appreso della morte del suo collega e amico Falcone. E così è stato. E non è stato evitato.

Eppure, nonostante tutto Borsellino non si fermò. Non arretrò. "È normale che esista la paura, in ogni uomo, l'importante - disse - è che sia accompagnata dal coraggio. Non bisogna lasciarsi sopraffare dalla paura, altrimenti diventa un ostacolo che impedisce di andare avanti".

"Parole che, ancora oggi, risuonano attuali e a noi resta il compito impegnativo di esortare i giovani al rispetto delle leggi, della legalità, al rispetto dell'altro e al coraggio della responsabilità perché ciò che è stato non deve tornare. Il profumo della libertà da ogni condizionamento deve superare il tanfo della paura e della mistificazione. Ricordare il sacrificio di Giovanni Falcone, di Paolo Borsellino e di tutte le altre vittime del sistema è un dovere morale" afferma il sindaco di Molfetta Tommaso Minervini.
  • Tommaso Minervini
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