Carnevale
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Viva la storia di Molfetta!

Come si viveva il Carnevale a Molfetta?

Tutte le vecchie tradizioni della nostra città

Non si sa da dove derivi il nome 'Carnevale': c'è chi dice da car navalis, il rito della nave sacra portata in processione su un carro; secondo altri significa carnes levare ("togliere la carne") o carne vale ("carne, addio") e allude ai digiuni quaresimali, dato che il Carnevale si conclude con il martedì grasso, il giorno che precede, nei paesi cattolici, il mercoledì delle Ceneri.
Nello stesso periodo a febbraio si celebravano nell'antica Roma vari riti che hanno lasciato le loro tracce nel Carnevale attuale. Durante il Carnevale si festeggiava la fecondità della terra, che, dopo il risveglio dal sonno invernale, doveva nutrire gli animali e gli esseri umani. Grande valore avevano i riti di fecondità e il riso. Al riso, infatti, si attribuiva il potere di sconfiggere la morte e il lutto e già tradizioni antichissime lo collegano alla fertilità della natura e degli uomini. Moltissime popolazioni seminavano gli ortaggi ridendo.
Nel Medioevo il Carnevale era il tempo delle scorpacciate comunitarie e delle danze infinite. Il 're del Carnevale' garantiva l'allegria pazza e la sospensione temporanea delle leggi, delle regole e della morale. Come a Capodanno, semel in anno licet insanire: si può ben essere folli una volta l'anno. I ruoli sociali si invertivano: gli uomini si vestivano da donne e viceversa, i poveri da ricchi, i ricchi da accattoni o da giullari.
Sempre nel Medioevo vi era una tradizione bizzarra secondo la quale il prete organizzava una serie di burle, scherzi, barzellette e pantomime per far ridere i fedeli: erano i famosi 'scherzi da prete'. Per riempire la chiesa di risate si lanciavano dall'altare salsicciotti e castagnole. L'usanza aveva vari scopi: era necessario rallegrare gli animi prima della tristezza della lunga Quaresima; le burle inoltre disponevano i fedeli ad ascoltare meglio gli insegnamenti religiosi.

E a Molfetta come si viveva il Carnevale?

Nella nostra città tutti, ma proprio tutti, dai nobili, al popolo, erano soliti festeggiare il Carnevale. Indossavano maschere che di solito erano rappresentazioni ironiche di antichi mestieri, di animali di ogni genere e specie, di cariche ecclesiastiche di professionisti e di personaggi. Molte di queste maschere si raggruppavano e girovagavano per le vie della città con strumenti musicali di ogni genere. L'importante era fare rumore, inscenando spettacoli, danzando e scherzando. La maggior parte sfilava a piedi, altri invece salivano su di un cavallo, mulo, o anche su un asino. I traini, carichi di gente mascherata, recavano sacchi di coriandoli, farina e fanfaluca, oltre al lancio dei confetti. Inoltre venivano usate anche cerbottane per colpire la gente con i piselli e calzini ripieni di farina che venivano usati per imbiancare le vittime.
I festeggiamenti iniziavano il 17 gennaio, giorno di Sant'Antonio Abate, considerato il primo giorno di Carnevale.
Prima che giungesse Sénde Endùene (Sant'Antonio) gli stagnini e i cartolai avevano gran da fare nel preparare trombette di latta e cartone, alle cui estremità erano incollate strisce di carta velina a più colori. Questi strumenti venivano utilizzati dai bambini, che si divertivano nel dar loro fiato, provocando il suono dell'unica nota possibile, fino alla totale distruzione. Uno di questi artigiani, che costruivano e vendevano queste trombette, era Mèste Cicce, che le esponeva sulla porta della sua bottega, in piazza Vittorio Emanuele II al n. 28.
Teatro principale di tale manifestazione era Corso Dante. Quando i divertimenti terminavano nelle strade, il Carnevale continuava nei teatri, nei circoli privati e pubblici.
Dalla seconda metà del diciannovesimo secolo, a Molfetta ci fu la preparazione di un carro carnevalesco, che ogni anno allestivano il prof. Gennaro Panunzio e il sig. Vito Spagnoletti, di professione stagnino. Ogni volta rappresentavano un soggetto diverso: il carro percorreva le vie della città vecchia e Corso Dante. Gennaro Panunzio, figura possente e dotato di voce baritonale, vestito con abito nero, iniziava la rappresentazione dicendo "Signor pubblico bello, avanti di voi mi tolgo il cappello, da professore che sono, oggi a Molfetta domani a Bitonto, così si freca tutto il mondo".
Dopo questa introduzione, iniziavano gli scherzi, consistenti in getti di acqua che bagnavano il pubblico presente, il tutto allietato da musica, urla e tanto ridere.

Fonti: Molfetta e i suoi... "Carnevali". Tra storia e cronaca. Di Saverio Minervini
Il Carnevale, Enciclopedia Treccani.
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