Matteo d'Ingeo
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Cronaca

#siamotuttimatteodingeo. Ma stavolta la solidarietà non basta

d'Ingeo su Facebook: «Chiedo allo Stato di individuare i responsabili». Le reazioni della politica, da Mancini, a Piergiovanni alla Natalicchio

Sgomento, rabbia, infinita tristezza. L'ordigno di fabbricazione artigianale esploso davanti alla casa di Matteo d'Ingeo ha provocato un'ondata di sdegno che ha attraversato Molfetta, ma adesso nessuno sforzo deve essere risparmiato per individuare e punire i responsabili.

Ed è proprio quello che invoca a chiare lettere il coordinatore cittadino del Liberatorio Politico, su Facebook: «La mia abitazione violata da un'altra bomba. Chiedo allo Stato di individuare i responsabili». Il secondo attentato dinamitardo in pochissimi mesi subito, sempre al civico n. 13 di via Quintino Sella, dall'ex consigliere comunale, ha scatenato le reazioni della politica cittadina, i cui messaggi di solidarietà sono tinti di ogni colore.

«La lotta alla microcriminalità e agli abusi - commenta l'assessore Pasquale Mancini - è quotidiana e costante, e ci vede a collaborazione e supporto delle forze dell'ordine sul territorio locale. Il fatto che in questo caso si sia trattato "solo" di un petardo artigianale (come afferma con leggerezza qualcuno) non rende meno preoccupante l'ennesimo episodio ai danni del coordinatore del Liberatorio, di cui apprezziamo la costante azione di denuncia».

Secondo Paola Natalicchio, «Matteo d'Ingeo - aggiunge - rappresenta una cosa chiara: la cittadinanza attiva, la battaglia per la legalità, la partecipazione ostinata e contraria, l'impegno tenace per la difesa dell'interesse pubblico. Lo muove l'amore per Molfetta, la rabbia verso il ratto costante della città da parte della malavita e dei comitati d'affari. Lo fa con una costanza impressionante, anche quando gli altri si stancano. E senza paura».

Messaggi di solidarietà sono giunti, tra gli altri, da Legambiente («È finito il tempo del silenzio per tutti e la politica locale dovrebbe portare quanto accaduto in consiglio comunale») e da Sinistra Italiana («Non consentiremo alla violenza, alla criminalità, alla delinquenza organizzata di tornare a guadagnare spazio nella nostra città. Pretendiamo subito chiarezza»).

Al coro si sono uniti anche Rifondazione Comunista («Chi utilizza i mezzi vigliacchi utilizzati questa notte per colpire e intimidire è nostro nemico») e persino il coordinamento regionale pugliese dell'Antiracket: «Auspichiamo - dice Renato de Scisciolo - che della scorsa notte non rimanga solo il rumore di un'esplosione e poi il silenzio. Non può e non deve accadere questo. Nessun silenzio, ma un coro di verità affinché si faccia luce sulla vicenda».

«In queste ore, - rilancia l'ex sindaco Natalicchio - lasciare solo Matteo d'Ingeo sarebbe gravissimo. Stargli accanto, fare nostre le sue battaglie, tornare a tirare su la testa è l'unica cosa da fare. Mentre il sindaco e le forze dell'ordine si attivino subito, senza perdere un solo minuto, per capire cosa è successo e assicurare i responsabili alla giustizia. Intanto senza distinguo e tentennamenti #siamotuttimatteodingeo».

Sì, ma stavolta la solidarietà non basta. Nicola Piergiovanni è certo «che la città saprà dimostrarsi unita e compatta nel respingere con forza questo vile gesto, sapendo isolare e neutralizzare chi crede che con la violenza, la prepotenza e la sopraffazione si possa condizionare la vita civile e sociale a Molfetta. Il Comune ha in queste ore già fornito agli inquirenti la sua piena disponibilità a collaborare in sinergia per accertare quanto prima la verità su quanto accaduto».

L'augurio dell'assessore alla Sicurezza del Comune di Molfetta, che tra le proprie deleghe ha anche quella al Commercio, è «che la fitta rete di telecamere della video sorveglianza urbana, che proprio in questi giorni abbiamo ulteriormente potenziato e che ci apprestiamo ad unificare sotto una unica "regia" possa rivelarsi utile all'azione investigativa dell'Arma», conclude.

I Carabinieri della locale Compagnia hanno setacciando ogni angolo dell'area, esaminando le registrazioni delle telecamere a circuito chiuso presenti ed hanno eseguito perquisizioni domiciliari e sentito in caserma persone informate sui fatti. Non è escluso che l'autore dei due episodi sia lo stesso. Sì, perché adesso la solidarietà non basta. Servono legalità e rispetto delle regole.

Solidarietà è un parola bella, una parola che rischia però d'essere vuota al giorno d'oggi, in una città che tende spesso a chiudere un occhio, a girarsi dall'altra parte, a considerare normale ciò che normale non è. L'illegalità - e lo ribadiremo finché avremo fiato per farlo - non è più tollerabile.
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