Maddalena Pisani
Maddalena Pisani

L'impatto del Coronavirus sulla zona industriale di Molfetta, Pisani: «Sarà necessario ricreare il tessuto economico»

L'intervista alla professionista, presidente dell'associazione imprenditori della città

La chiusura delle aziende "non necessarie" ha stravolto e coinvolto inevitabilmente anche la zona industriale di Molfetta, che in pochi giorni, da essere viva e attiva, è diventata quasi deserta.
Le misure messe in campo sino ad ora dal Governo non soddisfano il mondo dell'imprenditoria, che ancora una volta si trova a dover fronteggiare una crisi senza precedenti.

Il punto di vista degli imprenditori attraverso le parole della presidente dell'Associazione, Maddalena Pisani, è di uno sguardo attento al presente MA già proiettato al futuro, alla "ricostruzione".

Cosa è accaduto alla zona industriale di Molfetta da quando con Decreto del presidente del consiglio è stata dichiarata la sospensione delle "attività produttive non essenziali"?
«Le aziende si sono attenute in modo ferreo alle prescrizioni anche se molte, alla luce dei pericoli, avevano già comunicato la chiusura».

Oggi ci sono delle aziende che stanno ancora lavorando nella zona industriale?
«Sono quelle considerate "necessarie" o quelle che fanno parte della filiera. Abbiamo aziende metalmeccaniche che lavorano per industrie che operano nel modo sanitario e farmaceutico e devono garantire il prodotto e/o servizio di manutenzione».

Lo smartworking quando è stato utile per le aziende?
«È stato fondamentale per poter garantire la continuità della operatività degli uffici e non solo. Unico problema è l'infrastruttura che si dimostra, purtroppo, non all'altezza della esigenza. Oggi quasi tutti sono collegati, compreso la scuola, quindi la contemporaneità degli accessi di certo se non supportata da una rete eccellente, rallenta la e dequalifica il collegamento».

Nei giorni scorsi il Governo ha stabilito la cassa integrazione guadagni, e anche in deroga, può essere considerata una boccata di ossigeno per gli imprenditori?
«Assolutamente no. La cassa integrazione è un paracadute, sempre che arrivi in tempo, per i lavoratori, i quali comunque non riceveranno l'importo pari allo stipendio. Per le aziende bisognerebbe mettere altro in campo.
Qui, non si è capito che il problema non è solo oggi che si è chiusi, ma domani quando sarà necessario ricreare il tessuto economico perso, far fronte alla mancanza della liquidità che stando chiusi non si è prodotta, alla difficoltà ad incassare crediti maturati, perché chi avrebbe dovuto pagare si trova nella stessa situazione di chi riprende a lavorare, molti non riapriranno e ci sarà credito incagliato se non addirittura da stralciare perché non esisterà più il Cliente che prima del blocco era già in difficoltà.
Ci sarà da recuperare un mercato che nel frattempo si è dissolto e se l'onda della pandemia colpirà gli altri Paesi in tempi diversi dal nostro, tutta la nostra esportazione dovrà attendere anche i tempi degli altri Paesi».

E gli imprenditori saranno aiutati in qualche modo?
«Preferisco non rispondere, potrei essere molto polemica».

Oggi è tutto fermo, da dove dovranno ripartire gli imprenditori per riavviare le attività bloccate improvvisamente?
«Sicuramente ripartiranno, sicuramente ripartiremo … i nostri genitori, almeno i miei, hanno vissuto la seconda guerra mondiale e anche la ricostruzione, perché noi non dovremmo essere capaci di fare lo stesso? Siamo italiani. Abbiamo una grande capacità di rimboccarci le maniche, ma come ha detto Papa Francesco "ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme". Ecco … siamo tutti chiamati a remare insieme, e i molfettesi che sono un popolo di navigatori, sanno che nei momenti di burrasca, la solidarietà sulla barca è necessaria per arrivare in porto».
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