Comandante Ezio Mazzola Molfetta
Comandante Ezio Mazzola Molfetta
Vita di città

«Ho visto gli occhi di chi cerca soccorso in mare»: la storia di Ezio Mazzola

L'intervista al comandante molfettese, che racconta il suo lavoro tra soddisfazioni, conoscenze e responsabilità

La passione per la politica dirottata, nel vero senso del termine, verso il mare, per via della vita che stravolge i piani, ma al contempo permette di trovare la propria bussola.

È la storia del comandante Ezio Mazzola, di Molfetta, che abbiamo intervistato in occasione della Giornata mondiale del marittimo, istituita nel 2011 dall'International Marittime Organization. Questa giornata è volta a celebrare i lavoratori a bordo delle navi e dei mari di tutto il mondo, visto il ruolo fondamentale che questa categoria riveste sul versante socio-economico a livello globale.

Qual è il suo percorso professionale?
«Sono comandante da oltre 30 anni, caso abbastanza raro alla mia età, visto che di solito si arriva al comando non prima dei 40 anni di età. Per arrivare sin qui ho vissuto nottate di studio e sacrificio e, naturalmente, ho seguito tutto l'iter di un giovane che intende intraprendere la professione dell'ufficiale di marina mercantile. La prima nave su cui sono stato al comando era un'enorme nave petroliera, che trasportava 300mila tonnellate di petrolio. Negli ultimi 20 anni ho lavorato sulle navi più grandi del mondo,lunghe oltre 350 metri (per rendere l'idea quanto tre campi di calcio), larghe 70 metri e alte 33 metri, che trasportano 350mila metri cubi di gas metano. Nell'ultimo periodo non ho smesso completamente di navigare, ma sono diventato ispettore della "Shell International" e sono Marittime Skill Assessor per i comandanti di varie compagnie internazionali, oltre alla mia naturalmente, quindi mi occupo di diversi progetti inerenti alle imbarcazioni e alle professioni marittime».Quali sono i vantaggi del lavoro marittimo?
«Vorrei partire da una premessa: per qualsiasi lavoro, la volontà e la motivazione fanno la differenza. Se nel lavoro marittimo si hanno grandi aspirazioni come quella di diventare comandante, i vantaggi sono diversi. Innanzitutto parliamo di un lavoro professionale, che unisce al fascino del comando l'onere della responsabilità. Non tutti sanno che il comandante di una nave è colui che raccoglie tutti i poteri dello Stato: quando l'imbarcazione è al di fuori delle acque territoriali, il comandante detiene il potere esecutivo e giudiziario. Nell'immaginario collettivo il comandante di una nave è un uomo in divisa che fuma la pipa. Nella realtà il comandante ha competenze e mansioni diverse: dalla gestione del budget alla formazione dell'equipaggio, sino alle attività di leadership. Un altro vantaggio è sicuramente quello di avere la possibilità di visitare tanti luoghi. Ci sono davvero pochi posti che non ho frequentato nel mondo, viaggiare e conoscere sono due imperativi nel nostro lavoro, che ti permette di avere una cultura immensa. Non nego che questo lavoro porti anche una serie di soddisfazioni economiche, a cui sono direttamente proporzionali numerose responsabilità».

Quello del marittimo è quindi un lavoro multiculturale.
«Sì, ma dipende dalle scelte che si compiono. Io ho scelto di approcciarmi a questo lavoro con la massima curiosità. Sono cresciuto tanto quando ho deciso di lavorare in equipaggi multiculturali, in cui ero l'unico italiano a bordo con altri marittimi di almeno 30 nazionalità diverse. Vedere come lavorano gli altri è stata per me un'inestimabile fonte di arricchimento umano e professionale, non sarebbe mai successo se avessi lavorato sempre e solo con connazionali. Naturalmente il fatto che si tratti di un lavoro multiculturale ha anche un'altra faccia della medaglia, perchè inevitabilmente ci sono persone meno aperte e meno inclusive verso le realtà diverse dalla propria».

Quali sono, invece, le criticità e i rischi?
«Non è un mestiere che possono fare tutti e non per le capacità tecniche o professionali, ma per il fatto che molti, soprattutto all'inizio, sono spaventati all'idea di stare anche due o tre mesi lontano da casa e dai propri affetti. Questo aspetto, che ho constatato più volte negli incontri che svolgo nelle scuole, crea di per sè una selezione naturale. Sicuramente non è semplice vivere in una situazione ristretta, ben diversa dalle circostanze della terraferma. La percezione del rischio è alta soprattutto per chi non vive il mare, invece per chi ha studiato e ha consapevolezza, la paura in genere non rappresenta un ostacolo. Del resto, gli incidenti in strada sono più numerosi degli incidenti che si verificano in mare, dove i sistemi di sicurezza delle imbarcazioni sono avanzati. Ciò che potrebbe davvero rappresentare un ostacolo in questo lavoro è il mal di mare: chi non riesce a superarlo, non può intraprendere questa vita. Un altro aspetto che spaventa molti è l'assunzione di responsabilità. Conosco diversi marittimi che si fermano a uno step precedente perchè non vogliono diventare comandanti».
2 fotoComandante Ezio Mazzola
Ezio Mazzola MolfettaEzio Mazzola Molfetta
Qual è la situazione più difficile che si è trovato a fronteggiare?
«Il mare ti porta a vivere tantissime situazioni diverse, che fanno parte del gioco e della responsabilità che ti assumi. Tra le più difficili non posso dimenticare il cattivo tempo che ho incontrato specialmente in Nord Atlantico in inverno . Ritengo il nord Atlantico il mare più pericoloso. Alcune volte raggiungeva anche Forza 10 (espressione che nel gergo marittimo italiano indica una burrasca, con le onde alte almeno 10 metri e il vento che soffia con una forza di 70/80 km orari). Ricordo di una volta in cui, nel mese di gennaio, ero diretto in Canada e con il mare così forte abbiamo perso entrambe le scale che erano bloccate con i soliti cavi d'acciaio. Il mare se le portò via entrambe e arrivai in porto senza scale. In queste circostanze, nonostante si cerca di tenere sotto controllo la situazione, si è sempre inquieti per la possibilità di variabili che potrebbero rendere la situazione ancora più pericolosa, per esempio un'avaria ai motori . Se questo dovesse accadere il rischio si amplifica. Ma l'esperienza e la consapevolezza generano quella resilienza che mi ha permesso di reagire con razionalità di fronte alle inaspettate difficoltà. Penso infatti che sia una delle caratteristiche principali e indispensabili per un comandante. Tra i momenti difficili posso sicuramente citare anche l'attacco dai pirati che ho subito personalmente mentre ero al comando della nave. In quel momento ho avuto molta paura pensando al futuro e alla mia famiglia, misi in atto tutto ciò che sapevo per proteggere il mio equipaggio. Poi il destino ha voluto che quei pirati, dopo aver sparato in aria con un kalashnikov, si resero conto che la nostra imbarcazione trasportava gas e che non avrebbero potuto gestirla in alcun modo. Per cui decisero di tornare indietro e, ahimè, attaccarono una nave da carico che era alle nostre spalle».

Un lavoro fatto di imprevisti e difficoltà, ma anche di soddisfazioni. Qual è l'episodio più bello che ha contraddistinto la sua carriera?
«Per due volte sono riuscito a salvare dei naufraghi, in entrambi i casi si trattava di emigrati che tentavano di fuggire da Cuba. La prima volta si trattava di 7 persone appena partite da Cuba, mentre la seconda, che risale a circa 15 anni fa, si trattava di 12 persone in pericolo nella zona dei Caraibi, precisamente nello stretto di Yukatan, prima di entrare nel Golfo del Messico. Non è stato semplice, non riuscivo a trovare un porto sicuro per loro. Ho tenuto queste persone a bordo per 18 giorni prima di riportarli a Cuba perchè non avevo alternative e non potevo più tenerli a bordo: nei dintorni nessuno Stato era pronto ad accoglierli e io non avrei potuto tenerli con me per più tempo perchè non sono persone formate per la vita in mare. Mi è capitato anche spesso, nella zona della Florida, di salvare dei motoscafi che avevano a bordo delle famiglie in pericolo a causa di avarie al motore. Il soccorso in mare è obbligatorio non solo per le leggi vigenti, ma soprattutto per la vera legge del mare che è la legge dell'umanità e della dignità umana. Il soccorso in mare non si deve negare mai a nessuno. Essere soccorsi in mare quando si è in pericolo è un diritto umano. Io ho visto gli occhi di chi cercava soccorso in mare e quegli occhi non si possono piú dimenticare».
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