
Festa patronale all'insegna della violenza: un silenzio che pesa
A più di 24 ore dai fatti, nessuna reazione ufficiale da parte delle istituzioni locali
Molfetta - mercoledì 10 settembre 2025
11.01
Durante la Festa Patronale di Molfetta due episodi hanno scosso la città e sollevato indignazione tra i cittadini. Il primo: una rissa scoppiata a bordo dell'imbarcazione che trasportava la statua della Madonna dei Martiri. Il secondo: su corso Dante, un passante ha colpito con una gomitata un musicista della banda, in un gesto gratuito e sorprendente, ripreso da più video virali sui social.
In entrambi i casi, inevitabilmente, la risonanza mediatica è stata immediata, persino a livello nazionale: indignazione, richieste di chiarimenti, appelli alla calma e alla legalità. Eppure, nonostante la gravità degli eventi, non è emersa alcuna risposta ufficiale da parte dell'amministrazione comunale. Non si sono registrate dichiarazioni formali né gesti istituzionali di vicinanza alla vittima, né richiami alla responsabilità collettiva.
È in questo silenzio che si gioca un pezzo della credibilità pubblica. Quando un fatto grave scuote l'ordine naturale degli eventi – e con esso la percezione della sicurezza, della convivenza e della festa civile – una parola istituzionale, anche sobria e misurata, serve a ricostruire un senso civico, a ricollocare l'evento nella cornice della legalità, e a offrire ai cittadini un segnale: non siete soli, le Istituzioni ci sono, vigili e presenti.
La mancata presa di posizione, al contrario, limita quell'effetto rassicurante e rischia di amplificare la percezione che la violenza – o anche solo il gesto antisociale – possa essere derubricata a incidente marginale, a "peccato minore", senza conseguenze morali né politiche.
In comunità come quella molfettese, dove la Festa Patronale è uno dei momenti di maggiore visibilità e partecipazione collettiva, il silenzio degli amministratori non è un modo neutro di restare fuori dal dibattito: è un messaggio. E quel messaggio conta, e pesa.
Un'amministrazione non può ignorare, non può delegare tutto alle forze dell'ordine o ai social media. Un'amministrazione che vuole restare credibile sa che anche una battuta, un comunicato, una presa di posizione pubblica possono essere un primo passo per ricostruire fiducia, moderare tensioni e invitare al rispetto reciproco.
Dopo gli episodi della Festa Patronale, il silenzio insiste. Romperlo non sarebbe stata una formalità, ma un gesto di responsabilità. E, a quel punto, anche una presa di posizione tardiva rischia di diventare del tutto sterile.
In entrambi i casi, inevitabilmente, la risonanza mediatica è stata immediata, persino a livello nazionale: indignazione, richieste di chiarimenti, appelli alla calma e alla legalità. Eppure, nonostante la gravità degli eventi, non è emersa alcuna risposta ufficiale da parte dell'amministrazione comunale. Non si sono registrate dichiarazioni formali né gesti istituzionali di vicinanza alla vittima, né richiami alla responsabilità collettiva.
È in questo silenzio che si gioca un pezzo della credibilità pubblica. Quando un fatto grave scuote l'ordine naturale degli eventi – e con esso la percezione della sicurezza, della convivenza e della festa civile – una parola istituzionale, anche sobria e misurata, serve a ricostruire un senso civico, a ricollocare l'evento nella cornice della legalità, e a offrire ai cittadini un segnale: non siete soli, le Istituzioni ci sono, vigili e presenti.
La mancata presa di posizione, al contrario, limita quell'effetto rassicurante e rischia di amplificare la percezione che la violenza – o anche solo il gesto antisociale – possa essere derubricata a incidente marginale, a "peccato minore", senza conseguenze morali né politiche.
In comunità come quella molfettese, dove la Festa Patronale è uno dei momenti di maggiore visibilità e partecipazione collettiva, il silenzio degli amministratori non è un modo neutro di restare fuori dal dibattito: è un messaggio. E quel messaggio conta, e pesa.
Un'amministrazione non può ignorare, non può delegare tutto alle forze dell'ordine o ai social media. Un'amministrazione che vuole restare credibile sa che anche una battuta, un comunicato, una presa di posizione pubblica possono essere un primo passo per ricostruire fiducia, moderare tensioni e invitare al rispetto reciproco.
Dopo gli episodi della Festa Patronale, il silenzio insiste. Romperlo non sarebbe stata una formalità, ma un gesto di responsabilità. E, a quel punto, anche una presa di posizione tardiva rischia di diventare del tutto sterile.