Processione dei Misteri. <span>Foto Vincenzo Bisceglie</span>
Processione dei Misteri. Foto Vincenzo Bisceglie
Viva la storia di Molfetta!

Le origini delle Processioni della Settimana Santa a Molfetta

Dalle prime confraternite a tante usanze ormai perdute

Oggi vi racconterò la storia di come nacquero le processioni della Settimana Santa a Molfetta, e della formazione delle prime antiche confraternite.

Come ben sapete, le processioni quest'anno non avranno luogo, tuttavia è anche vero che esse sono e saranno sempre presenti nella memoria e negli occhi dei molfettesi, con tutta la loro carica emotiva e con la loro eterna ed immutata bellezza.

L'istituzione delle processioni pasquali a Molfetta fu un'espressione spontanea della religiosità di alcuni locali, al contrario di altre città del sud di Italia dove forte fu l'influenza dei Gesuiti. Questi cittadini devoti però, più che semplici privati cittadini, erano parte di un nuovo istituto che fu molto caro alla chiesa romana post-tridentina: la confraternita laica. In Europa alcune erano esistenti già dall'epoca carolingia come anche nella penisola italiana del basso medioevo, tuttavia il periodo immediatamente successivo al Concilio di Trento significò per queste associazioni laicali, un tempo concepite come semplici associazioni di devoti raggruppati in base alla professione od al ceto sociale, uno sviluppo ed una trasformazione in senso dell'assistenza e della carità, antiche ma rinnovate virtù del vivere cristiano.
Per quanto riguarda Molfetta, la prima testimonianza in Età Moderna dell'esistenza di queste confraternite, fu l'editto del 7 dicembre 1567 promulgato dal vescovo Maiorano Maiorani. In questo documento vengono elencate cinque confraternite intitolate al Santissimo Corpo di Cristo, a San Francesco, ad Ogni Sancto, a Santo Stefano e all'Ospedale. Alcune di queste confraternite svolgevano uno specifico ruolo assistenziale. La confraternita del SS.mo Corpo di Cristo, ad esempio, oltre ad avere una speciale devozione eucaristica si prestava all'assistenza dei bisognosi mentre la confraternita di Santo Stefano, che probabilmente era, ed è, una delle più antiche, offriva tramite i propri confratelli sacerdoti l'assistenza ai moribondi; oltretutto era impegnata a celebrare le Quarantore dopo Pasqua. Queste associazioni laicali erano eredi di una antica devozione, ma stavano assumendo via via una tipizzazione più moderna in cui la componente penitenziale non veniva a mancare ma in cui comunque si riservava una disponibilità sempre maggiore alle opere di assistenza.
Alle tre confraternite fondate nel 1500 ancora funzionanti se ne aggiunsero poi sei nuove: La confraternita di S. Carlo Borromeo, dell'Immacolata Concezione, della Presentazione della Beata Vergine Maria, il Monte delle anime de Purgatorio, la confraternita dei Santi Stefano e Rocco ed infine quella della Morte.
Stabilendosi ognuna di esse in una specifica comunità ecclesiastica del centro urbano, esercitavano in modi diversi il culto assistenziale.

Una delle prime di testimonianze che concerne i rituali della Settimana Santa a Molfetta risale al 3 febbraio 1614, momento in cui Giovanni Bovio, Vescovo della Diocesi, durante una visita alla chiesa e confraternita di Santo Stefano, si rivolse ai confratelli disponendo che si astenessero dalle rappresentazioni che erano soliti predisporre durante la processione nel vespro del Giovedì Santo perché risultavano essere troppo dispendiose. Si presume, tuttavia, che la processione dei Misteri, curata dalla confraternita di Santo Stefano, avesse avuto inizio già nel 1570; a riprova di ciò è accertato che le statue lignee raffiguranti i misteri della passione furono scolpite a metà del 1500 anche se l'autore, presumibilmente di scuola napoletana, rimane tutt'oggi avvolto in una sorta di mistero.

A Molfetta le sacre sfilate con statue, iniziarono nel 1709 a seguito dell'editto del Vescovo Giovanni degli Effetti, il quale autorizzò le confraternite locali a scolpire una propria statua da portare in processione. Prima di allora le solennità del culto esterno si manifestavano con le sole processioni del Santissimo nell'Ostensorio, sebbene forme spontanee di riti processionali durante la Settimana Santa compiute dell'Arciconfraternita di Santo Stefano, sarebbero iniziate, come si è detto, già dal XVI secolo.
La prima testimonianza circa il percorso delle processioni della Settimana Santa a Molfetta la ritroviamo nel Synodus di Fabrizio Antonio Salerno, Vescovo di Molfetta. Il percorso processionale interessava sostanzialmente la parte più antica della città, restando immutato fino alla seconda metà del 1700, nonostante il territorio cittadino fosse stato già urbanizzato con la costituzione di nuovi quartieri. L'ampliamento successivo dell'itinerario può essere compreso in base alla volontà politica dei vescovi di rendere accessibile la manifestazione a tutti i residenti del centro urbano.
All'epoca non esistevano complessi bandistici e la processione assumeva un carattere ancora più mistico e penitenziale poiché il popolo la seguiva cantando inni sacri e giaculatorie. In seguito, per desiderio di maggiore solennità, al popolo salmodiante, si unirono diversi suonatori di strumenti a corda che suscitavano tale religioso entusiasmo da far divenire costante la loro presenza.
Nel corso degli anni inoltre sono scomparse alcune figure di contorno e alcuni riti presenti nelle stesse processioni, a testimonianza di come la tradizione non sia stata sempre stabile, e anzi si sia rinnovata nel tempo. Ad esempio, non c'è più il venditore di tarall' è zucchere, appesi a un triangolo di legno che nella mentalità comune rappresentava la saetta dei Mattutini. È scomparso il rito di dare ai portatori, per ristorarli durante la processione, il pizzarello (nella versione tonno e acciughe) e la veneziana bollente (la tazza di cioccolata calda). Con l'eliminazione dei crociferi poi, è venuto meno l'elemento penitenziale delle processioni. Essi portavano a spalla pesanti croci, alcuni di loro si recingevano il capo con corone di spine acuminate, altri indossavano camici rossi o più scuri, altri si trascinavano a piedi scalzi. A volte la Croce era talmente pesante che occorreva l'aiuto di qualche volenteroso per rimetterla sulle spalle del penitente. Dalla qualità della croce si riconosceva il mestiere del crocifero: i marinai ricorrevano agli alberi delle antiche bilancelle di pesca, i contadini usavano vecchi e nodosi tronchi di ulivo, i falegnami due pesantissimi bordonali, i muratori si servivano addirittura di due stipiti di pietra.

Un rito curioso che è andato perduto, aveva come protagoniste le popolane di Molfetta che dai balconi, si sporgevano per toccare la croce di Gesù al Calvario, e per strappare un rametto d'ulivo dalla frasca collocata nella cassa di Gesù nell'Orto. Da tempo è infine terminata l'emulazione tra le famiglie di preparare "piatti bianchi" di semi di grano, di biada, lupini, lenticchie, da esporre, una volta germogliati in pallidi steli, ai piedi del sepolcro.

Fonte bibliografiche:
C. Innominato, Cultura popolare e Settimana Santa a Molfetta (Sec. XVI – XVIII): Origini e tradizione
L. M. de Palma, Forme associative di vita cristiana in età moderna nella diocesi di Molfetta, in L. Bertoldi Lenoci (a c. di), Le Confraternite pugliesi in Età moderna, Schena, 1990, Fasano.
G. de Marco, Dalle Ceneri alla Settimana Santa, Mezzina, 1987, Molfetta



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