I consigli del medico

Resistenza al cambiamento, perché?

Nuovo appuntamento con la psicologa clinica Marta Vilardi, in formazione presso la Scuola di specializzazione cognitivo-comportamentale

Come è possibile che un individuo persista in una condotta per lui infelicitante e nociva?
Cosa determina questa persistenza irragionevole insoddisfacente? Cosa resiste al cambiamento?
In molteplici situazioni le persone riconoscono in situazioni di sofferenza la possibilità del cambiamento, ma il cambiamento non si realizza costruendo intorno a sé un trascorso carico di frustrazioni.
Ci sono atteggiamenti paradossali patologici e non, ma comunque resistenti al cambiamento.
Condotte paradossali non patologiche potrebbero essere intrattenute da credenze superstiziose ed agire pagando i costi connessi alle pratiche di scongiuro pur sapendo che sono idee infondate, oppure nel caso di paradossi patologici, possiamo riportare l'esempio delle persone depresse, che dopo anni da un insuccesso o fallimento continuano a soffrirne senza passare a nessuna attività gratificante.

Per spiegare la resistenza al cambiamento, bisogna rivisitare il concetto di mente, in quanto gli atteggiamenti sono regolati dalla mente della persona, ovvero "dal suo sistema di significati".
Per mente s'intende "l'apparato" che regola il comportamento sulla base di credenze.
L'essere umano è il costruttore della propria esperienza, e non soffre per i fatti ma per il significato che egli stesso attribuisce.
Ecco la difficoltà al cambiamento essendo il mantenimento della sofferenza patologica un processo attivamente costruito dal soggetto, piuttosto che una struttura fissa.
E' il funzionamento normale della mente umana a favorire la coerenza interna delle credenze pregresse e il loro mantenimento a dispetto sia del benessere e dell'utilità pratica, sia della corrispondenza ai fatti.
Pertanto, non c'è da stupirsi che siano mantenute credenze, dolorose e nocive ma necessarie alla coerenza interna dell'intero sistema di significati dell'individuo e perciò al suo mantenimento.
Oltre a privilegiare la coerenza interna dei significati anche a discapito degli atteggiamenti "positivi", è presente un altro elemento: la mente umana controlla la validità delle proprie credenze ricercandone la conferma piuttosto che la disconferma.

La coerenza non è l'unico principio regolatore dei processi cognitivi, in quanto ci sono altre situazioni in cui gli individui mettono in discussione le conoscenze pregresse.
L'individuo conserva la credenza quando ne trae un vantaggio. Il vantaggio molto spesso non è direttamente percepibile, ma rende attivo tutto il processo.
Un esempio potrebbe essere una persona affetta da depressione, che resta chiusa in casa stando male, ma è proprio quello stare male a determinare la vicinanza e l'accudimento di persone specifiche che in altro modo non le sarebbero state vicine, questo è il vantaggio che mantiene vivo il meccanismo, per cui la persona continua a soffrire di depressione.
Bisognerebbe lavorare, sulle proprie credenze e sui vantaggi ad esse associate per limitare i danni, in quanto i paradossi non avvengono per un difetto strutturale, genetico, ma in menti cognitivamente ben funzionanti che dispongono di tutte le informazioni utili e che ricercano naturalmente il proprio bene.

Dott.ssa Marta Vilardi
marta.vilardi@yahoo.it
  • psicologia clinica
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