
Crisi dello spettacolo, il rammarico di Roberto Maggialetti: «Abbandonati dal Governo»
L'imprenditore molfettese chiede chiarezza per il destino della sua attività
Molfetta - lunedì 27 aprile 2020
13.00
Fra i settori più colpiti dall'emergenza sanitaria del Coronavirus c'è senza dubbio il mondo dello spettacolo, con teatri, cinema, discoteche e luoghi di intrattenimento chiusi ormai da quasi due mesi per i rischi di contagio legati agli assembramenti. La conferenza stampa ieri del premier Giuseppe Conte, in cui sono state fornite le indicazioni di riferimento per la fase 2 che inizierà in Italia dal 4 maggio, non hanno chiarito minimamente il destino di questo settore attualmente in ginocchio.
A fare da portavoce alle difficoltà degli imprenditori su questo fronte è il molfettese Roberto Maggialetti, titolare tra le altre cose del DF disco di Bisceglie, che stamattina ha manifestato tutto il suo rammarico in uno struggente post Facebook rivolto direttamente al Presidente del Consiglio: «Caro Presidente Conte, sono un probabile ex imprenditore del mondo delle discoteche e ristorazione, ex perché a breve sarò costretto a chiudere la mia azienda, che ho costruito con tanto amore e tante difficoltà in questi anni. Sono uno di quegli imprenditori che ama il suo Paese ed ha investito tutto se stesso cercando di valorizzare al meglio il nostro territorio. Oggi sono deluso, deluso da uno Stato a cui non ho mai chiesto nulla, ma a cui ho solo dato, uno Stato che mi ha detto che dovevo chiudere la mia attività, ma io l'avevo già fatto perché mi reputo un imprenditore coscienzioso, che non mette a rischio l'incolumità dei propri clienti e dei propri dipendenti».
«Sono due mesi - prosegue la lettera di cui qui riportiamo degli stralci - che abbiamo chiuso le nostre attività, e mentre avete annunciato la graduale riapertura di tutte le attività, noi non siamo stati neanche considerati, come se non esistessimo, come se le 90.000 persone che vivono di questo lavoro e le 2500 aziende che fanno pubblico spettacolo, in Italia, non contino nulla. Nessuno parla del nostro settore, nessuno pensa che le nostre aziende hanno un'anima fatta di tanti lavoratori e, con tanti costi (fitti, utenze, investimenti da pagare, tasse, fornitori) e con incassi 0 non potranno resistere a lungo, non sapendo se e quando né come poter riaprire».
Per saperne qualcosa in più in merito alla sua posizione, abbiamo contattato Maggialetti telefonicamente: «La parola esatta che immortala la situazione di tutto il nostro settore è abbandono. Ci sentiamo letteralmente abbandonati da un Governo che sembra non considerare quante persone e quante famiglie siano legate a tutte le attività legate al mondo dello spettacolo e dell'intrattenimento. Non ci aspettiamo che il Governo ci dia direttamente delle soluzioni belle e pronte ma sarebbe rispettoso almeno ascoltare le nostre proposte per poter in qualche modo programmare una ripartenza. Nella conferenza stampa di ieri e nel nuovo decreto per la fase 2 non si fa proprio cenno a quando sarà possibile per noi rivedere la luce in fondo al tunnel».
«Per quanti mesi - prosegue - potremmo resistere in queste condizioni di inattività? Siamo stati i primi a chiudere per senso del dovere nei confronti dei nostri clienti e dei nostri dipendenti, prima ancora che venissero adottate le misure del lockdown. Adesso, però, ci saremmo aspettati almeno di essere nominati per capire se un futuro per noi ci sarà. Non possiamo illuderci, se la situazione non dovesse sbloccarsi in tempi accettabili, la mia ma anche tantissime altre aziende del nostro settore finirebbero per chiudere in via definitiva. Noi stiamo continuando a lavorare per presentare delle proposte che aiutino lo Stato ad aiutarci ma, alla fine, le decisioni spettano a loro quindi non possiamo che attendere sviluppi, nella speranza che qualcuno si ricordi di noi».
A fare da portavoce alle difficoltà degli imprenditori su questo fronte è il molfettese Roberto Maggialetti, titolare tra le altre cose del DF disco di Bisceglie, che stamattina ha manifestato tutto il suo rammarico in uno struggente post Facebook rivolto direttamente al Presidente del Consiglio: «Caro Presidente Conte, sono un probabile ex imprenditore del mondo delle discoteche e ristorazione, ex perché a breve sarò costretto a chiudere la mia azienda, che ho costruito con tanto amore e tante difficoltà in questi anni. Sono uno di quegli imprenditori che ama il suo Paese ed ha investito tutto se stesso cercando di valorizzare al meglio il nostro territorio. Oggi sono deluso, deluso da uno Stato a cui non ho mai chiesto nulla, ma a cui ho solo dato, uno Stato che mi ha detto che dovevo chiudere la mia attività, ma io l'avevo già fatto perché mi reputo un imprenditore coscienzioso, che non mette a rischio l'incolumità dei propri clienti e dei propri dipendenti».
«Sono due mesi - prosegue la lettera di cui qui riportiamo degli stralci - che abbiamo chiuso le nostre attività, e mentre avete annunciato la graduale riapertura di tutte le attività, noi non siamo stati neanche considerati, come se non esistessimo, come se le 90.000 persone che vivono di questo lavoro e le 2500 aziende che fanno pubblico spettacolo, in Italia, non contino nulla. Nessuno parla del nostro settore, nessuno pensa che le nostre aziende hanno un'anima fatta di tanti lavoratori e, con tanti costi (fitti, utenze, investimenti da pagare, tasse, fornitori) e con incassi 0 non potranno resistere a lungo, non sapendo se e quando né come poter riaprire».
Per saperne qualcosa in più in merito alla sua posizione, abbiamo contattato Maggialetti telefonicamente: «La parola esatta che immortala la situazione di tutto il nostro settore è abbandono. Ci sentiamo letteralmente abbandonati da un Governo che sembra non considerare quante persone e quante famiglie siano legate a tutte le attività legate al mondo dello spettacolo e dell'intrattenimento. Non ci aspettiamo che il Governo ci dia direttamente delle soluzioni belle e pronte ma sarebbe rispettoso almeno ascoltare le nostre proposte per poter in qualche modo programmare una ripartenza. Nella conferenza stampa di ieri e nel nuovo decreto per la fase 2 non si fa proprio cenno a quando sarà possibile per noi rivedere la luce in fondo al tunnel».
«Per quanti mesi - prosegue - potremmo resistere in queste condizioni di inattività? Siamo stati i primi a chiudere per senso del dovere nei confronti dei nostri clienti e dei nostri dipendenti, prima ancora che venissero adottate le misure del lockdown. Adesso, però, ci saremmo aspettati almeno di essere nominati per capire se un futuro per noi ci sarà. Non possiamo illuderci, se la situazione non dovesse sbloccarsi in tempi accettabili, la mia ma anche tantissime altre aziende del nostro settore finirebbero per chiudere in via definitiva. Noi stiamo continuando a lavorare per presentare delle proposte che aiutino lo Stato ad aiutarci ma, alla fine, le decisioni spettano a loro quindi non possiamo che attendere sviluppi, nella speranza che qualcuno si ricordi di noi».