
Franco Minervini: «La marineria di Molfetta dovrà ripartire dalla sua grande professionalità»
Il presidente locale di Assopesca traccia il punto della situazione
Molfetta - giovedì 7 maggio 2020
Il coronavirus ha colpito, come abbiamo detto spesso questi giorni, tutti i settori produttivi ed economici della nostra città. Non ultima la marineria, già falciata, dalle varie normative Europee, questo virus ha fatto emergere ancora di più tutta la sua fragilità. Le difficoltà di continuare a fare un mestiere, a volta tramandato di padre in figlio, ma che oggi non vede un ricambio generazionale, per questo si dovrà ripensare a questo comparto in modo nuovo e innovativo.
Abbiamo chiesto al presidente dell'Assopesca di Molfetta, Franco Minervini, di fare il punto della situazione ne viene fuori un quadro che ha tanti punti di forza su cui lavorare, ma anche tanti punti deboli.
Quanto inciderà tutta questa situazione sulla marineria, sia dal punto di vista economico, che quello strettamente lavorativo?
«L'epidemia Covid- 19, come noto, è una emergenza sanitaria di straordinaria gravità per la salute dei cittadini ma nel contempo rappresenta e rappresenterà anche uno shock senza precedenti per l'economia globale.
Il settore della pesca, unitamente all'agricoltura, pur nel pieno dell'emergenza è stato "chiamato" a continuare l'attività, per approvvigionare i mercati e garantire i bisogni primari della popolazione.
L'emergenza e le chiusure imposte hanno comunque avuto ripercussioni negative e impatti destabilizzanti su un settore, come quello della pesca, già debilitato da una crisi che ha sempre di più assunto carattere di "strutturalità", crisi riferibile ad un preoccupante stato di depauperamento delle risorse ittiche e a conseguenti misure comunitarie di drastica riduzione dello sforzo di pesca, necessarie a realizzare una prioritaria sostenibilità ambientale dell'attività di pesca.
L'impatto dell'emergenza Covid-19 sul settore della pesca, quindi, è stato, e continuerà, purtroppo, ad esserlo, rilevante. Il forte rallentamento della domanda ascrivibile alle misure di contenimento adottate per arginare e fronteggiare l'emergenza, come pure le interruzioni dell'attività o comunque il drastico contenimento delle giornate di pesca, per intuibili criticità lavorative, non potevano che avere conseguenze preoccupanti per le nostre imprese di pesca.
Il rischio reale, senza adeguate misure di sostegno e misure di incentivazione alla modernizzazione ed allo sviluppo del settore, è sicuramente quello di indurre parecchie imprese, di fronte alle difficoltà emergenziali e alle nuove, dure sfide di competitività, a privilegiare scelte depressive di abbandono dell'attività, specie se verranno riattivate misure comunitarie di incentivazione all'arresto definitivo».
Anche per i motopescherecci sono previsti dei dispositivi di sicurezza per il Covi-19? Sarà possibile metterli in atto?
«La piena ripresa dell'attività di pesca, nei suoi vari segmenti produttivi, può avvenire solo in presenza di condizioni che assicurino ai marittimi imbarcati adeguati livelli di sicurezza sanitaria, di protezione e prevenzione che possono servire a contenere le possibilità di contagio da Covid-19.
In un settore produttivo, come il nostro, caratterizzato da peculiarità e specificità difficilmente confrontabili con altri settori produttivi, si pensi alla specificità dell'ambiente di lavoro "peschereccio" e alla variabilità dell'ambiente mare nel quale il lavoro si svolge, si rivela in tutta la sua evidenza la necessità di implementare e osservare scrupolosamente protocolli di sicurezza e protezione specifici, con particolari procedure operative, con utilizzo di appropriati dispositivi individuali di protezione e nuove regole di condotta a bordo, unitamente a nuovi modelli organizzativi dell'attività.
Gli elementi di specificità del settore, infatti, non consentono di adottare misure di contenimento e protezione disegnate nei protocolli recentemente adottati per altri settori produttivi (si pensi ad esempio alle misure di distanziamento interpersonale o di rarefazione delle presenze che sono difficilmente replicabili a bordo delle unità da pesca stanti la limitazione strutturale degli spazi operativi o le tabelle minime di armamento vigenti che non consentono l'uscita in mare con personale ridotto rispetto ai minimi fissati nelle predette tabelle).
Nell'immediato in ogni caso per consentire adeguati livelli di protezione da contagio sono state già adottate soluzioni specifiche e praticabili quali l'utilizzo obbligatorio a bordo di adeguati dispositivi individuali di sicurezza (mascherine, guanti monouso) e altre misure di protezione, quali la sanificazione periodica delle imbarcazioni, unitamente a nuove soluzioni organizzative nelle operazioni di bordo e a terra finalizzate a limitare al massimo gli spostamenti interni, a favorire nei limiti del possibile un contingentamento degli spazi comuni (procedure di selezione e "incassettamento" del pescato in sicurezza, utilizzo alternativo delle mense , cuccette e servizi vari), riduzione della durata delle campagne di pesca e quindi dei giorni di pesca e dei tempi di permanenza comune a bordo».
Reputa che le misure economiche messe in atto dal Governo possano arginare in qualche modo questo fermo obbligatorio e involontario?
«Le misure adottate dal Governo, unitamente a quelle adottabili a seguito della piena operatività degli interventi approvati dall'Unione europea (flessibilità nella rimodulazione degli strumenti finanziari comunitari in funzione COVID-19, rimodulazione dell'art. 33 del FEAMP, che disciplina la fondamentale misura dell'arresto temporaneo dell'attività, con l' impinguamento delle risorse destinabili agli aiuti per il fermo pesca ma anche agli aiuti per le interruzioni temporanee dell'attività di pesca, necessitate dalla emergenza Covid, piano straordinario per assicurare la massima flessibilità nell'applicazione degli aiuti di Stato, nel contesto della crisi in corso, e non ultime le misure degli aiuti in regime de minimis, con il previsto aumento a 120 mila Euro dell'importo massimo erogabile nel triennio alle imprese di pesca).
Si tratta di misure che, se possono consentire di aumentare la capacità d resilienza delle imprese a sostenere gli impatti fortemente negativi dell'emergenza sanitaria non consentono però di affrontare adeguatamente il dopo emergenza, le sfide di competitività e di adeguamento ai nuovi scenari produttivi e commerciali che si apriranno, le necessarie azioni di modernizzazione profonda del settore.
Una situazione straordinaria, senza precedenti deve necessariamente trovare risposte altrettanto straordinarie, innovative e coraggiose anche superando vincoli e limiti del passato».
Da dove dovrà ripartire la marineria di Molfetta?
«La marineria di Molfetta dovrà necessariamente ripartire, valorizzandoli al meglio, dai suoi punti di forza che l'hanno resa secolarmente una marineria significativa e importante nel contesto produttivo del nostro Paese e che di seguito proviamo a semplificare:
Su questi punti di forza dovranno innestarsi le nuove soluzioni organizzative delle operazioni in mare e a terra come risposta alle criticità emergenziali Covid-19 unitamente alla necessaria implementazione di soluzioni di innovazione e modernizzazione del settore in termini produttivi e commerciali».
Quali potrebbero essere le iniziative da mettere in campo per risollevare la nostra marineria, dopo il coronavirus e non solo?
«Il settore della pesca con il suo indotto è stato a lungo per la nostra città l'asse portante dello sviluppo economico e sociale del territorio; oggi non è più così e la profonda crisi strutturale che da tempo, ormai, attanaglia e mortifica il nostro sistema pesca aveva già evidenziato la imprescindibile necessità di una complessiva, profonda e radicale azione di cambiamento degli assetti della nostra marineria, cambiamento che l'emergenza epidemiologica e il conseguente shock economico con i suoi devastanti impatti, ha reso ancor più necessario.
Le iniziative e gli interventi da mettere in campo per un tentativo di recupero di centralità del nostro sistema pesca, dopo l'emergenza epidemiologica sono sicuramente tanti e di particolare complessità.
Sarà necessario, in primis, che le nostre imprese acquisiscano la piena consapevolezza di dover voltare pagina, di un cambiamento profondo in termini di innovazione e modernizzazione dei processi produttivi e commerciali, anche in funzione della imprescindibile esigenza di creare un nuovo sistema pesca capace di coniugare virtuosamente e in maniera equilibrata i due fondamentali valori della sostenibilità, quello prioritario ambientale non disgiunto però dal non meno importante valore economico sociale; una sfida questa che le politiche gestionali comunitarie non hanno saputo cogliere e risolvere ma che le imprese devono necessariamente attrezzarsi a sostenere se vogliamo ancora parlare di futuro e di possibile nuovo sviluppo.
Una delle prime azioni di cambiamento da implementare sarà sicuramente quello di un nuovo modello organizzativo delle imprese con la costituzione di forme aggregative quali le organizzazioni di produttori (OP) che rappresentano ormai l'unica risposta coerente alle istanze di cambiamento, l'unico strumento organizzativo capace di coniugare e gestire in maniera innovativa, con la forza dell'aggregazione e non più con la debolezza dell'individualismo, gli aspetti produttivi e commerciali (le così dette fasi a mare e a terra dell'attività di pesca), di aumentare la capacità di resilienza delle imprese, di sostenere o meglio aggredire le sfide di competitività che i nuovi scenari ci impongono.
Sarà necessario avviare azioni di profonda trasformazione dei percorsi commerciali, garantendo una presenza attiva e non da abulico, impotente spettatore del segmento produttivo nei mercati.
Si tratta di avviare azioni di governo delle nuove dinamiche di mercato, dei nuovi bisogni di una domanda sempre più esigente in termini di attese salutistiche e ambientali, privilegiando canali commerciali diretti di accorciamento della filiera capaci, bay passando inutili intermediazioni parassitarie e speculative, di dare valore ai prodotti pescati, a tutti i prodotti pescati, anche a quelli impropriamente considerati poveri perché non incrociano più le attenzioni di una domanda distorta, sempre più orientata verso pochi prodotti di pregio che aumentano la dipendenza dall'estero della nostra bilancia commerciale ittica.
Governare i mercati significa anche garantire che il valore aggiunto dei prodotti della pesca non si disperda nei distorti percorsi della filiera ma rimanga a vantaggio del suo naturale fruitore: il produttore.
Dobbiamo altresì creare nuovi sbocchi ai nostri prodotti, aggredire nuove nicchie di mercato anche recuperando segmenti di mercato perduti, dobbiamo saper orientare la domanda e non subirla per valorizzare al meglio tutti i nostri prodotti.
In conclusione se le politiche comunitarie di governo della pesca ci impongono sempre più stringenti e drastiche riduzioni dello sforzo di pesca, dobbiamo necessariamente trovare forme diverse ma adeguate di redditività dell'attività, non più nelle quantità prodotte ma nei virtuosi processi di valorizzazione del nostro pescato».
Abbiamo chiesto al presidente dell'Assopesca di Molfetta, Franco Minervini, di fare il punto della situazione ne viene fuori un quadro che ha tanti punti di forza su cui lavorare, ma anche tanti punti deboli.
Quanto inciderà tutta questa situazione sulla marineria, sia dal punto di vista economico, che quello strettamente lavorativo?
«L'epidemia Covid- 19, come noto, è una emergenza sanitaria di straordinaria gravità per la salute dei cittadini ma nel contempo rappresenta e rappresenterà anche uno shock senza precedenti per l'economia globale.
Il settore della pesca, unitamente all'agricoltura, pur nel pieno dell'emergenza è stato "chiamato" a continuare l'attività, per approvvigionare i mercati e garantire i bisogni primari della popolazione.
L'emergenza e le chiusure imposte hanno comunque avuto ripercussioni negative e impatti destabilizzanti su un settore, come quello della pesca, già debilitato da una crisi che ha sempre di più assunto carattere di "strutturalità", crisi riferibile ad un preoccupante stato di depauperamento delle risorse ittiche e a conseguenti misure comunitarie di drastica riduzione dello sforzo di pesca, necessarie a realizzare una prioritaria sostenibilità ambientale dell'attività di pesca.
L'impatto dell'emergenza Covid-19 sul settore della pesca, quindi, è stato, e continuerà, purtroppo, ad esserlo, rilevante. Il forte rallentamento della domanda ascrivibile alle misure di contenimento adottate per arginare e fronteggiare l'emergenza, come pure le interruzioni dell'attività o comunque il drastico contenimento delle giornate di pesca, per intuibili criticità lavorative, non potevano che avere conseguenze preoccupanti per le nostre imprese di pesca.
Il rischio reale, senza adeguate misure di sostegno e misure di incentivazione alla modernizzazione ed allo sviluppo del settore, è sicuramente quello di indurre parecchie imprese, di fronte alle difficoltà emergenziali e alle nuove, dure sfide di competitività, a privilegiare scelte depressive di abbandono dell'attività, specie se verranno riattivate misure comunitarie di incentivazione all'arresto definitivo».
Anche per i motopescherecci sono previsti dei dispositivi di sicurezza per il Covi-19? Sarà possibile metterli in atto?
«La piena ripresa dell'attività di pesca, nei suoi vari segmenti produttivi, può avvenire solo in presenza di condizioni che assicurino ai marittimi imbarcati adeguati livelli di sicurezza sanitaria, di protezione e prevenzione che possono servire a contenere le possibilità di contagio da Covid-19.
In un settore produttivo, come il nostro, caratterizzato da peculiarità e specificità difficilmente confrontabili con altri settori produttivi, si pensi alla specificità dell'ambiente di lavoro "peschereccio" e alla variabilità dell'ambiente mare nel quale il lavoro si svolge, si rivela in tutta la sua evidenza la necessità di implementare e osservare scrupolosamente protocolli di sicurezza e protezione specifici, con particolari procedure operative, con utilizzo di appropriati dispositivi individuali di protezione e nuove regole di condotta a bordo, unitamente a nuovi modelli organizzativi dell'attività.
Gli elementi di specificità del settore, infatti, non consentono di adottare misure di contenimento e protezione disegnate nei protocolli recentemente adottati per altri settori produttivi (si pensi ad esempio alle misure di distanziamento interpersonale o di rarefazione delle presenze che sono difficilmente replicabili a bordo delle unità da pesca stanti la limitazione strutturale degli spazi operativi o le tabelle minime di armamento vigenti che non consentono l'uscita in mare con personale ridotto rispetto ai minimi fissati nelle predette tabelle).
Nell'immediato in ogni caso per consentire adeguati livelli di protezione da contagio sono state già adottate soluzioni specifiche e praticabili quali l'utilizzo obbligatorio a bordo di adeguati dispositivi individuali di sicurezza (mascherine, guanti monouso) e altre misure di protezione, quali la sanificazione periodica delle imbarcazioni, unitamente a nuove soluzioni organizzative nelle operazioni di bordo e a terra finalizzate a limitare al massimo gli spostamenti interni, a favorire nei limiti del possibile un contingentamento degli spazi comuni (procedure di selezione e "incassettamento" del pescato in sicurezza, utilizzo alternativo delle mense , cuccette e servizi vari), riduzione della durata delle campagne di pesca e quindi dei giorni di pesca e dei tempi di permanenza comune a bordo».
Reputa che le misure economiche messe in atto dal Governo possano arginare in qualche modo questo fermo obbligatorio e involontario?
«Le misure adottate dal Governo, unitamente a quelle adottabili a seguito della piena operatività degli interventi approvati dall'Unione europea (flessibilità nella rimodulazione degli strumenti finanziari comunitari in funzione COVID-19, rimodulazione dell'art. 33 del FEAMP, che disciplina la fondamentale misura dell'arresto temporaneo dell'attività, con l' impinguamento delle risorse destinabili agli aiuti per il fermo pesca ma anche agli aiuti per le interruzioni temporanee dell'attività di pesca, necessitate dalla emergenza Covid, piano straordinario per assicurare la massima flessibilità nell'applicazione degli aiuti di Stato, nel contesto della crisi in corso, e non ultime le misure degli aiuti in regime de minimis, con il previsto aumento a 120 mila Euro dell'importo massimo erogabile nel triennio alle imprese di pesca).
Si tratta di misure che, se possono consentire di aumentare la capacità d resilienza delle imprese a sostenere gli impatti fortemente negativi dell'emergenza sanitaria non consentono però di affrontare adeguatamente il dopo emergenza, le sfide di competitività e di adeguamento ai nuovi scenari produttivi e commerciali che si apriranno, le necessarie azioni di modernizzazione profonda del settore.
Una situazione straordinaria, senza precedenti deve necessariamente trovare risposte altrettanto straordinarie, innovative e coraggiose anche superando vincoli e limiti del passato».
Da dove dovrà ripartire la marineria di Molfetta?
«La marineria di Molfetta dovrà necessariamente ripartire, valorizzandoli al meglio, dai suoi punti di forza che l'hanno resa secolarmente una marineria significativa e importante nel contesto produttivo del nostro Paese e che di seguito proviamo a semplificare:
- La straordinaria professionalità nell'attività di pesca dei suoi addetti
- L'attenzione alla qualità dei prodotti e ai rilevanti aspetti della sicurezza alimentare
- L'attenzione alla conservazione adeguata delle caratteristiche organolettiche e salutari dei suoi prodotti
- La particolare attenzione alle problematiche ambientali e alla ricerca dei necessari equilibri eco sistemici dell'ambiente mare e delle sue risorse
- La costante ricerca una attività sostenibile sia sul piano ambientale che su quello economico-sociale.
Su questi punti di forza dovranno innestarsi le nuove soluzioni organizzative delle operazioni in mare e a terra come risposta alle criticità emergenziali Covid-19 unitamente alla necessaria implementazione di soluzioni di innovazione e modernizzazione del settore in termini produttivi e commerciali».
Quali potrebbero essere le iniziative da mettere in campo per risollevare la nostra marineria, dopo il coronavirus e non solo?
«Il settore della pesca con il suo indotto è stato a lungo per la nostra città l'asse portante dello sviluppo economico e sociale del territorio; oggi non è più così e la profonda crisi strutturale che da tempo, ormai, attanaglia e mortifica il nostro sistema pesca aveva già evidenziato la imprescindibile necessità di una complessiva, profonda e radicale azione di cambiamento degli assetti della nostra marineria, cambiamento che l'emergenza epidemiologica e il conseguente shock economico con i suoi devastanti impatti, ha reso ancor più necessario.
Le iniziative e gli interventi da mettere in campo per un tentativo di recupero di centralità del nostro sistema pesca, dopo l'emergenza epidemiologica sono sicuramente tanti e di particolare complessità.
Sarà necessario, in primis, che le nostre imprese acquisiscano la piena consapevolezza di dover voltare pagina, di un cambiamento profondo in termini di innovazione e modernizzazione dei processi produttivi e commerciali, anche in funzione della imprescindibile esigenza di creare un nuovo sistema pesca capace di coniugare virtuosamente e in maniera equilibrata i due fondamentali valori della sostenibilità, quello prioritario ambientale non disgiunto però dal non meno importante valore economico sociale; una sfida questa che le politiche gestionali comunitarie non hanno saputo cogliere e risolvere ma che le imprese devono necessariamente attrezzarsi a sostenere se vogliamo ancora parlare di futuro e di possibile nuovo sviluppo.
Una delle prime azioni di cambiamento da implementare sarà sicuramente quello di un nuovo modello organizzativo delle imprese con la costituzione di forme aggregative quali le organizzazioni di produttori (OP) che rappresentano ormai l'unica risposta coerente alle istanze di cambiamento, l'unico strumento organizzativo capace di coniugare e gestire in maniera innovativa, con la forza dell'aggregazione e non più con la debolezza dell'individualismo, gli aspetti produttivi e commerciali (le così dette fasi a mare e a terra dell'attività di pesca), di aumentare la capacità di resilienza delle imprese, di sostenere o meglio aggredire le sfide di competitività che i nuovi scenari ci impongono.
Sarà necessario avviare azioni di profonda trasformazione dei percorsi commerciali, garantendo una presenza attiva e non da abulico, impotente spettatore del segmento produttivo nei mercati.
Si tratta di avviare azioni di governo delle nuove dinamiche di mercato, dei nuovi bisogni di una domanda sempre più esigente in termini di attese salutistiche e ambientali, privilegiando canali commerciali diretti di accorciamento della filiera capaci, bay passando inutili intermediazioni parassitarie e speculative, di dare valore ai prodotti pescati, a tutti i prodotti pescati, anche a quelli impropriamente considerati poveri perché non incrociano più le attenzioni di una domanda distorta, sempre più orientata verso pochi prodotti di pregio che aumentano la dipendenza dall'estero della nostra bilancia commerciale ittica.
Governare i mercati significa anche garantire che il valore aggiunto dei prodotti della pesca non si disperda nei distorti percorsi della filiera ma rimanga a vantaggio del suo naturale fruitore: il produttore.
Dobbiamo altresì creare nuovi sbocchi ai nostri prodotti, aggredire nuove nicchie di mercato anche recuperando segmenti di mercato perduti, dobbiamo saper orientare la domanda e non subirla per valorizzare al meglio tutti i nostri prodotti.
In conclusione se le politiche comunitarie di governo della pesca ci impongono sempre più stringenti e drastiche riduzioni dello sforzo di pesca, dobbiamo necessariamente trovare forme diverse ma adeguate di redditività dell'attività, non più nelle quantità prodotte ma nei virtuosi processi di valorizzazione del nostro pescato».