La conferenza stampa dei Carabinieri
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Cronaca

Droga in carcere con un bacio: così le donne alimentavano lo spaccio a Molfetta

«Con il bacio me la devi dare amò… come facesti l'altro giorno, con il bacio» diceva Petruzzella alla sua compagna

I colloqui avvenuti in carcere, a Trani, e i baci appassionati in bocca. Effusioni stupefacenti. Poi lo spaccio. Baci proibiti. Proibiti dalla legge, perché gli innamorati - in un sistema organizzato e portato avanti proprio dalle donne del gruppo criminale - si sarebbero scambiati bocca a bocca non solo effusioni, ma pure droga.

A tradire Miriam Antonino, compagna di Giuseppe Petruzzella, rinchiuso a Trani, sono stati tre baci affettuosi fra conviventi divisi dalle sbarre di una cella, certo, immortalati dalle intercettazioni audio e video dei colloqui. Ma che, secondo quanto contestato dagli inquirenti, sarebbero stati anche e soprattutto un modo per far passare in carcere la «sostanza stupefacente» che la donna «occultava all'interno del suo cavo orale e cedeva» al suo fidanzato «con il pretesto di un bacio».

All'interno, fra i 4 e i 6 grammi tra hashish o marijuana. «Il modus operandi maggiormente utilizzato da Antonino - rimarca il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trani, Ivan Barlafante - era quello di avvolgere lo stupefacente con una pellicola e di occultarlo nella sua bocca. Durante il colloquio, con un bacio, lo stupefacente, veniva "passato" a Petruzzella che lo "custodiva" nella sua bocca», prima di infilarlo nelle proprie scarpe, «fino all'arrivo in cella», è scritto agli atti.

«Ma da fumare, non mi devi portare niente?» chiedeva Petruzzella ad Antonino. «Con il bacio me la devi dare amò… come facesti l'altro giorno, con il bacio. Non succede niente». Ed ancora: «Mi puoi portare quattro cinque canne e poi me le dai tramite il bacio? Tanto me la tengo in bocca, non succede niente, con la carta velina. Stai tranquilla» provava a tranquillizzarla dopo la perquisizione che lui stesso dice di aver avuto dopo il colloquio: «Ci volevano fregare a me e Domenico».

Il riferimento è a Domenico Marzocca: «Ci hanno perquisito e ci hanno levato… mutande, dentro le scarpe. Meno male che non le ho messe nelle scarpe». Droga, ma anche cellulari, celati nelle parti intime, per continuare a gestire la vendita della droga in città. «Le conversazioni avevano lo scopo di controllare l'andamento dell'attività illecita dello spaccio di droga; monitorando la vendita della sostanza nonché gli incassi derivati, impartendo eventuali istruzioni ritenute necessarie».

Ma oltre a vendere droga gli indagati (19), secondo quanto accertato dai Carabinieri, coordinati dal sostituto procuratore della Procura della Repubblica di Trani, Francesco Tosto, erano dediti anche ai furti in appartamento, soprattutto a danni di anziani. «Particolarmente odiose - ha sottolineato il capitano Francesco Iodice, al comando della Compagnia di Molfetta dal 2019 - le modalità con cui compivano i furti in appartamenti: monitoravano soprattutto le persone anziane».

Seguivano gli spostamenti dei familiari e dopo colpivano anche quando le vittime erano in casa. «Spesso - hanno raccontato le indagini della Sezione Operativa, il reparto del tenente Domenico Mastromauro - si fingevano tecnici o operai per introdursi in casa e compiere i furti». In un'occasione Francesco Saverio Facchini (30 anni), Filippo Caravella (21 anni) e Cosimo Magrone (19 anni) si sarebbero introdotti nella casa di una 89enne riuscendo a portare via orologi e monili in oro.

Una parte della refurtiva fu recuperata dai militari accorsi nello stabile dopo la telefonata al 112. In un altro caso, invece, Magrone, il più giovane del gruppo, con un complice ignoto, «utilizzando una scusa per distrarre la proprietaria», una 79enne, avrebbe rubato gioielli e contanti. Soldi e lusso da sfoggiare poi su TikTok.
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