Seregno stazione
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«Ho deciso di non tornare a Molfetta dalla Lombardia per senso del dovere»

Un lavoratore molfettese residente a Seregno motiva la sua scelta

Negli ultimi giorni si è parlato spesso dei pugliesi che hanno fatto ritorno a casa, lasciando l'ex zona rossa al Nord Italia per cercare "riparo" nella loro terra d'origine. Purtroppo, proprio questi flussi di persone hanno favorito involontariamente il contagio da Coronavirus: si ricordano, a tal proposito, anche le parole di Michele Emiliano: «La discesa di tanti dalle zone più colpite dal virus porta qui da noi migliaia di possibilità in più di contrarre il COVID-19».

Fortunatamente, c'è anche chi ha fatto una scelta diversa: restare nell'area fin qui più in difficoltà pur di non correre neanche il minimo rischio di portare, magari da asintomatici quindi in maniera del tutto inconsapevole, il virus a casa. Abbiamo contattato un ragazzo molfettese che da anni vive in Lombardia, regione che ad ora calcola circa 18 mila contagi e più di 2 mila decessi: ci spiega le motivazioni alla base della sua scelta di restare, nonostante tutto, nella sua casa di Seregno, città situata nella parte meridionale della Brianza, in provincia di Monza.

«Mi sono trasferito in Lombardia tre anni fa - racconta - per motivi di lavoro. Per un anno ho vissuto a Milano e adesso vivo a Seregno, distante circa 20 km dall'Università Bicocca di Milano, dove è in programma la mia seduta di laurea a luglio. Nella città dove vivo c'è davvero pochissima gente per strada, immagino che esca di casa solo di chi deve recarsi a lavoro non potendo lavorare a distanza. Se questo atteggiamento fosse messo in pratica da tutti sarebbe più facile superare questa situazione difficile in tempi non troppo lunghi, anche perché qui l'emergenza è a massimi livelli quindi c'è preoccupazione nella regione».

Inevitabile, per lui, fare un pensiero sul possibile ritorno a Molfetta: «Quando ho ricevuto la notizia che la Lombardia sarebbe diventata zona rossa, l'istinto mi ha portato a cercare un treno per la Puglia. Dopo alcuni minuti, però, ho scartato questa ipotesi senza dubbi. Ho capito che era rischioso per la salute di tutti e avevo l'impressione che fosse un'epidemia che si sarebbe estesa su tutta l'Italia, quindi ho preferito non muovermi. Avendo pensato di farlo anche io, posso comprendere che a primo impatto si sia stimolati a tornare ma l'azione è assolutamente sbagliata. Affollare i treni come è accaduto per giorni ha messo ad alto rischio di contagio sia i viaggiatori che le loro famiglie dopo il loro ritorno a casa. Posso comprendere, però, la paura di rimanere isolati per un periodo di tempo per ora sconosciuto. Forse alcuni ragazzi sono tornati anche spinti dai loro genitori, sicuramente in apprensione».

La sua scelta, dunque, si riassume come una dimostrazione di responsabilità: «Non conosco altre persone di Molfetta che hanno scelto di rientrare. Posso parlare dei miei coinquilini che sono tornati dalle loro famiglie, però non in Puglia. Sono partiti prima che la situazione si facesse molto grave. Anche io avrei potuto farlo, ma dentro di me avevo la speranza che fosse una semplice influenza e quindi ho pensato di attendere che la situazione migliori per poter tornare dalla mia famiglia e dai miei amici, che ovviamente mi mancano. In questo momento, però, non ha senso tornare perché non cambierebbe l'obbligo di stare in casa. Facciamolo tutti per sperare di tornare il prima possibile alla normalità».
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