
Covid-19: il racconto di una mamma che ha vissuto a distanza il contagio del figlio
L’invito che rivolge: «State a casa»
Molfetta - mercoledì 8 aprile 2020
21.40
Molfetta - Milano. L'Italia intera di mezzo. Due figli nel capoluogo lombardo. E lo spettro del coronavirus che aleggia.
Mille le paure. Tante le sensazioni che una mamma prova a chilometri di distanza, conscia anche che i suoi figli sono lì per lavoro. Eppure il sesto senso di mamma non sbaglia mai. Aveva già capito molti giorni prima che qualcosa era cambiata nella vita milanese e in quella dei suoi figli.
E' la stessa mamma a raccontarci di come ha appreso che uno dei due figli si è ammalato di Covid- 19, per fortuna è anche guarito.
«Il campanello d'allarme- ci dice la mamma- è cominciato con i primi episodi di contagi in Lombardia. Molto spesso gli chiedevo cosa realmente stesse accadendo, loro minimizzavano, ma la mia preoccupazione aumentava, specie perché mio figlio più grande lavora in ambito ospedaliero dove i casi erano in continuo aumento e un po' me lo sentivo che sarebbe successo proprio lì».
La prima cosa che ha pensato quando ha appreso che uno dei suoi figli era positivo al coronavirus…
«Mi è cascato il mondo addosso. Il mio primo istinto è stato quello di raggiungerlo perché avrei voluto stargli vicino in qualche modo, ma lui non ha voluto anzi si è preoccupato di salvaguardare sia me che mio marito pregandoci di rimanere qui».
Come ha vissuto il periodo della malattia, oltre che attaccata al telefono?
«Il decorso della malattia l'ho vissuto malissimo. I pensieri vagavano nella mia testa, in più i media ci tartassano continuamente di brutte notizie e io non riuscivo a pensare positivo, non nascondo di aver temuto il peggio, ma, da mamma, ho sempre cercato di rassicurarlo, senza mostrare le mie grandi debolezze in quel momento».
Come si sentiva lei qui a Molfetta e loro a chilometri di distanza?
«Stare qui è stata la parte più devastante. L'Italia era bloccata tutta e io mi sono sentita tanto impotente come chiusa in gabbia, mi sembrava di impazzire».
Come stanno ora i ragazzi?
«I ragazzi ora stanno bene fortunatamente, mio figlio ha già ripreso il suo lavoro, dopo la guarigione. Ma sono molto cauta a cantare vittoria nella lotta a questo virus che ha stravolto le nostre esistenze».
Dopo questa esperienza così forte e traumatica al tempo stesso, cosa si sente di consigliare alle altre mamme che hanno i loro figli in Lombardia, o comunque lontano da casa per lavoro?
«Ai genitori dico di tenere duro, i nostri ragazzi stanno dando una grande dimostrazione di forza e maturità pur stando lontani da casa. Noi dobbiamo sostenerli a distanza perché sono certa che molto presto tutto questo sarà un brutto ricordo».
Ai molfettesi, invece, cosa direbbe?
«Personalmente, sono ormai chiusa in casa, da più di un mese. Ma sento di gente che va in giro liberamente e non rispetta le regole di isolamento perché forse non si rende conto di quanto questo mostro invisibile ci può travolgere e può trasformare le nostre vite in pochi secondi. State a casa perché dal comportamento di una singola persona può dipendere il destino di un intera collettività. Pensate ai vostri figli!».
Mille le paure. Tante le sensazioni che una mamma prova a chilometri di distanza, conscia anche che i suoi figli sono lì per lavoro. Eppure il sesto senso di mamma non sbaglia mai. Aveva già capito molti giorni prima che qualcosa era cambiata nella vita milanese e in quella dei suoi figli.
E' la stessa mamma a raccontarci di come ha appreso che uno dei due figli si è ammalato di Covid- 19, per fortuna è anche guarito.
«Il campanello d'allarme- ci dice la mamma- è cominciato con i primi episodi di contagi in Lombardia. Molto spesso gli chiedevo cosa realmente stesse accadendo, loro minimizzavano, ma la mia preoccupazione aumentava, specie perché mio figlio più grande lavora in ambito ospedaliero dove i casi erano in continuo aumento e un po' me lo sentivo che sarebbe successo proprio lì».
La prima cosa che ha pensato quando ha appreso che uno dei suoi figli era positivo al coronavirus…
«Mi è cascato il mondo addosso. Il mio primo istinto è stato quello di raggiungerlo perché avrei voluto stargli vicino in qualche modo, ma lui non ha voluto anzi si è preoccupato di salvaguardare sia me che mio marito pregandoci di rimanere qui».
Come ha vissuto il periodo della malattia, oltre che attaccata al telefono?
«Il decorso della malattia l'ho vissuto malissimo. I pensieri vagavano nella mia testa, in più i media ci tartassano continuamente di brutte notizie e io non riuscivo a pensare positivo, non nascondo di aver temuto il peggio, ma, da mamma, ho sempre cercato di rassicurarlo, senza mostrare le mie grandi debolezze in quel momento».
Come si sentiva lei qui a Molfetta e loro a chilometri di distanza?
«Stare qui è stata la parte più devastante. L'Italia era bloccata tutta e io mi sono sentita tanto impotente come chiusa in gabbia, mi sembrava di impazzire».
Come stanno ora i ragazzi?
«I ragazzi ora stanno bene fortunatamente, mio figlio ha già ripreso il suo lavoro, dopo la guarigione. Ma sono molto cauta a cantare vittoria nella lotta a questo virus che ha stravolto le nostre esistenze».
Dopo questa esperienza così forte e traumatica al tempo stesso, cosa si sente di consigliare alle altre mamme che hanno i loro figli in Lombardia, o comunque lontano da casa per lavoro?
«Ai genitori dico di tenere duro, i nostri ragazzi stanno dando una grande dimostrazione di forza e maturità pur stando lontani da casa. Noi dobbiamo sostenerli a distanza perché sono certa che molto presto tutto questo sarà un brutto ricordo».
Ai molfettesi, invece, cosa direbbe?
«Personalmente, sono ormai chiusa in casa, da più di un mese. Ma sento di gente che va in giro liberamente e non rispetta le regole di isolamento perché forse non si rende conto di quanto questo mostro invisibile ci può travolgere e può trasformare le nostre vite in pochi secondi. State a casa perché dal comportamento di una singola persona può dipendere il destino di un intera collettività. Pensate ai vostri figli!».