Fake news
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Come vengono distribuite le fake news? Tutti i dati

La potenza distributiva delle menzogne deriva da un ciclo autoalimentato

La diffusione delle fake news sul web è un processo tanto rapido quanto capillare, alimentato da dinamiche tecnologiche, psicologiche e, strano ma vero, economiche. Le notizie attendibili richiedono tempo e risorse per essere prodotte, verificate e confermate. I contenuti falsi, invece, si possono confezionare e mettere in circolazione nel giro di pochissimi minuti. Il vero motore della propagazione delle fake news è la combinazione tra canali di distribuzione altamente performanti e meccanismi che premiano la viralità.
La potenza distributiva delle menzogne deriva da un ciclo autoalimentato: un contenuto virale (vero o falso che sia) ottiene maggiore visibilità, genera più clic e di conseguenza più ricavi pubblicitari, andando a fare da incentivo alla produzione di contenuti simili. I numeri di ExpressVPN, del resto, parlano chiaro: finché la logica delle piattaforme premierà il coinvolgimento piuttosto che la verità, velocità e portata delle falsità resteranno nettamente superiori a quelle delle notizie reali.

Fake news: canali di distribuzione e potenza degli algoritmi
Il principale vettore di diffusione è quello dei social network: piattaforme come Facebook, X, TikTok e YouTube fungono da terreno fertile per le bufale. Gli algoritmi dei social funzionano come amplificatori selettivi: non si preoccupano di valutare la veridicità dei contenuti, ma è sufficiente che il loro potenziale di engagement sia elevato. Se un contenuto riceve molte interazioni in poco tempo, dunque, viene considerato "rilevante" e mostrato a un pubblico più ampio. Questo meccanismo, neutro rispetto alla veridicità, tende a privilegiare le fake news, che per loro natura sono progettate per stimolare reazioni emotive forti. E così, titoli sensazionalistici o immagini scioccanti possono generare migliaia di condivisioni in poche ore, scalando rapidamente i feed.
Un ulteriore canale è rappresentato dalle app di messaggistica come WhatsApp e Telegram. Qui le fake news si diffondono in modo quasi impossibile da monitorare: i messaggi sono spesso criptati e circolano in gruppi chiusi. In questi casi, la notizia si rivela particolarmente insidiosa: propagandosi attraverso catene di contatti personali, acquisisce una notevole fiducia percepita. Non vanno dimenticati, infine, i siti web specializzati in disinformazione: questi portali, costruiti appositamente per ospitare e monetizzare contenuti falsi, sfruttano la pubblicità programmatica per generare entrate da ogni clic o visualizzazione.

I numeri del "fenomeno fake news"
A riprova di come la struttura insita dei social favorisca la propagazione di contenuti ingannevoli c'è un dato particolarmente emblematico: secondo uno studio pubblicato su Science, le notizie false hanno una probabilità del 70% in più di essere retwittate rispetto a quelle vere. Le menzogne, in particolare, si diffonderebbero dalle 10 alle 20 volte più rapidamente. Un report di NewsGuard ha stimato che, su un totale di 155 miliardi di dollari di spesa globale in pubblicità programmatica, circa l'1,68% finisce su siti disinformativi. Si tratta di 2,6 miliardi di dollari l'anno.
Tra i 6.700 portali monitorati in Europa e Stati Uniti sempre da NewsGuard, sono ben 519 quelli che diffondono regolarmente fake news: solo in Italia, i siti segnalati sono 41. Queste sono incentrate soprattutto su temi come Covid-19 e vaccini, ma quello sanitario è solo uno degli ambiti preferiti dagli "inventori di bufale". Anche nel settore del cambiamento climatico, la disinformazione è fortemente radicata: il Center for Countering Digital Hate stima che YouTube incassi oltre 13 milioni di dollari all'anno solo dai video che diffondono fake news in materia ambientale.

ARTICOLO PUBBLIREDAZIONALE
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