Capodanno violento a Molfetta
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Cronaca

Capodanno violento a Molfetta, ma le vittime non hanno denunciato per paura

Lo sottolinea il giudice Barlafante nell'ordinanza: nessuna querela, «verosimilmente per il timore di possibili ritorsioni»

«Ulteriore elemento caratterizzante che lascia desumere il pubblico timore generato nella popolazione, si ravvisa nel fatto che, entrambe le vittime (la proprietaria della Renault Clio e dell'Audi), che vivono a ridosso di piazza Vittorio Emanuele, non hanno inteso sporgere querela per i fatti reato che le hanno viste coinvolte».

L'ha scritto il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trani, Ivan Barlafante, nell'ordinanza con cui, martedì mattina, ha disposto il carcere per il 21enne Daniele De Pinto, i 22enni Felice Allegretta e Massimiliano Squeo, il 26enne Antonio Gigante e i domiciliari per Stefano Cormio, 23enne, arrestati dai Carabinieri. A loro sono stati contestati i reati di danneggiamento e pubblica intimidazione con l'uso di ordigni e materiale esplodente, introdotto dal decreto legge Caivano.

La risposta operativa dello Stato, a quindici giorni da quelle scene di devastazione, «ha consentito di ricostruire uno scenario di pubblica sopraffazione, generato (consapevolmente) da numerosi soggetti che seminavano il panico». Il cuore di Molfetta «completamente deturpato dall'incivile e inurbana condotta criminale di un gruppo di giovani che, profittando dei festeggiamenti-, avevano trasformato quei luoghi in uno scenario di battaglia, con auto capovolte ed una rete di fumo».

Gli inquirenti - le indagini dei militari della Compagnia di Molfetta sono state coordinate dal sostituto procuratore della Procura della Repubblica di Trani, Marco Gambardella - hanno riavvolto il nastro di quella terribile notte, ritenendo che «non si sia trattato di un estemporaneo comportamento», ma «di un pianificato atto dinamitardo» organizzato dopo «una riunione tra i vari accoliti che hanno deciso di inscenare una scorribanda urbana». Con un solo obiettivo: «Incutere timore».

Un «pubblico timore ingenerato nella popolazione» che il magistrato ha ravvisato nel fatto che «entrambe le vittime (la proprietaria della Renault Clio e dell'Audi), che abitano a ridosso di piazza Vittorio Emanuele e che quasi certamente, visualizzando i video in rete potrebbero avere riconosciuto alcuni degli autori del reato che sono sempre residenti in quel quartiere», hanno denunciato i due casi, ma «non hanno inteso sporgere querela per i fatti reato che le hanno viste coinvolte».

Una scelta «verosimilmente» dettata, sempre secondo il giudice di Trani, «per il timore di possibili ritorsioni». Tutti gli indagati, ad eccezione di Cormio, «risultano gravati da alcuni precedenti penali e da ciò si può ritenere che questi continuino ad avere uno stretto collegamento con gli ambienti delinquenziali» di Molfetta.
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