Vescovo Cornacchia
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Chiesa locale

«Ravviva il dono di Dio che è in te». Omelia per la Messa Crismale del Vescovo

Il messaggio integrale riportato dal sito della Diocesi

Il sito della Diocesi propone il testo integrale dell'omelia del Vescovo Mons. Domenico Cornacchia in occasione della Messa Crismale:

Carissimi sacerdoti, diaconi, religiosi/e, consacrate/i secolari, seminaristi, fedeli tutti, vi saluto nel nome del Signore. Saluto con particolare gioia i miei confratelli nell'episcopato, Mons. Felice di Molfetta e Mons. Vincenzo Turturro. A te, Eccellentissimo don Vincenzo, esprimiamo i nostri vivissimi ed affettuosi auguri per la tua Ordinazione Episcopale, avvenuta lo scorso 9 Marzo a Roma e, per un fecondo, sereno servizio alla Santa Sede, quale Nunzio Apostolico in Paraguay. Ti accompagniamo con la preghiera, che ne siamo certi, sarà ricambiata.

La Messa Crismale certamente è la celebrazione che rende ancor più evidente il clima di una vera festa del sacerdozio ministeriale all'interno di tutto il popolo sacerdotale. Essa è il momento in cui, sacerdoti e popolo cristiano, si riuniscono per esprimere il rendimento di Grazie al Buon Dio del grande dono del sacerdozio. In questa celebrazione eucaristica vengono benedetti gli Oli Santi dei Catecumeni, degli Infermi e del Santo Crisma. Con quest'ultimo Olio veniamo unti il Giorno del Battesimo, della Confermazione, dell'Ordinazione sacerdotale ed episcopale. Questa è la Liturgia eucaristica nella quale siamo invitati a pregare in particolare per i nostri sacerdoti. Preghiamo per i neo presbiteri ordinati il 27 Gennaio scorso, per i sacerdoti che celebrano il loro anniversario di Ordinazione sacerdotale, don Gianni Rafanelli (25 anni) e don Michele (detto Lello) Cagnetta (50 anni). Preghiamo per le vocazioni al sacerdozio.

La gratitudine per il sacerdozio ministeriale
Insieme, consideriamo e richiamiamo la finalità della nostra chiamata, che si riassume nelle parole del Profeta Isaia: "Il Signore mi ha consacrato con l'unzione; mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai miseri e, a dare loro un olio di letizia" (Is 61, 1-5). Quanto dice il profeta non può essere semplicemente un vanto, un singolare privilegio tra i ricordi del passato e basta. Per noi tutti, investiti del Sacro Ordine e Battezzati, sia questa, un'occasione propizia per essere più consapevoli della dignità profetica alla quale il Signore ci ha chiamati.

Non manchi in noi l'olio della consolazione
Dare l'olio della consolazione è la nostra peculiare missione: spargere l'olio della misericordia, della luce, dell'incoraggiamento! Nessuno deve trovarci sprovvisti di tale olio! Il nostro è un ministero di consolazione, che brilla sui nostri volti, mandati come siamo ad annunciare ai poveri il Vangelo, a rincuorare gli afflitti, a spezzare le catene, a liberare dal male, ad annunciare la pace e, a proclamare un anno di grazia del Signore (Cf Lc 4, 18-19). Tante sono le ferite da curare ed addolcire col dolce balsamo! È la vocazione alla quale siamo tutti chiamati, oggi più che mai: della profezia, dell'evangelizzazione e della carità.

Con voi, desidero soffermarmi sulla profonda espressione che l'Apostolo Paolo indirizza al suo figlio spirituale, il discepolo Timoteo: "Ravviva in te il dono ricevuto da Dio" (2Tm 1, 6)! Non è questa forse, l'occasione in cui, anche noi, siamo chiamati a ravvivare la gioia della nostra vocazione e della nostra missione? L'"oggi", di cui si parla nella Scrittura appena ascoltata (Cf Lc 4, 21), deve scuoterci e, metterci in cammino.

Domandiamoci: il dono della fede, che il Signore ci ha fatto, è una sorta di eredità che, col tempo, si riduce sempre più nel suo valore, oppure viene alimentato, incrementato ed apprezzato da coloro che ne possono beneficiare? San Paolo esorta il discepolo Timoteo a ravvivare il dono che il Signore gli ha conferito per il bene della comunità e per la diffusione del Regno di Cristo. Il tempo, le circostanze a volte avverse, possono far evaporare il fascino anche della più bella scelta di vita! Per questo San Paolo lega il ministero di Timoteo al germe della fede, trasmesso a lui, tramite la testimonianza della sua nonna Lòide e di sua madre Eunìce (2Tm 1, 4). Quanto è importante il ruolo della famiglia cristiana, anche oggi! Certo non sono tempi facili e sereni! Sappiamo però che non si può vivere di sola rendita. Senza dubbio, dobbiamo sempre più essere consapevoli che ogni dono che il Signore ci fa "è per, a favore di altri", di chi ha bisogno, partendo da chi è a noi più vicino. Papa Francesco, di recente, ha detto che, nel cammino spirituale, abbiamo bisogno di punti di appoggio. E noi, dobbiamo esserlo per gli altri.

Paolo fa una sorta di consuntivo del suo cammino apostolico e pastorale. Sembra che voglia condividere con noi un prototipo di testamento spirituale. Egli ha vissuto l'esperienza del carcere a motivo della testimonianza cristiana. Sente di essere giunto al termine della battaglia dell'annuncio evangelico. (Cf 2Tm 4,7). Sentiamo rivolta anche a noi presbiteri, la sua esortazione: "Ravviva il dono di Dio che è in te per l'imposizione delle mie mani" (2Tm 1, 6). È proprio quello che anche noi vogliamo fare: vedere come e da dove cominciare a ravvivare il dono ricevuto da Dio, quello della fede cristiana, della sacra Ordinazione, al fine di contribuire alla diffusione del Regno di Dio. Sappiamo bene che per quanto grande possa essere un fuoco, se non viene alimentato, si spegne, muore! Così è anche la nostra vocazione e la nostra fede.

Il verbo ravvivare (Id 4, 6) (dal greco anazopiuréin) significa smuovere il fuoco, riaccendere un tizzone che si sta spegnendo, ma che non è ancora spento. Tale fuoco è detto kàrisma (Cf 1Tm 4, 14) ed indica il dono di di Dio, ma è anche il nostro impegno! Bisogna ripartire a fare con cuore, con gioiosa passione, con assoluta libertà interiore le piccole cose, quelle quotidiane. È qui richiamata la "successione apostolica" mediante la preghiera sul candidato e l'imposizione delle mani (Cf At 8, 18).

Il Mercoledì delle Ceneri, Papa Francesco ci ha messo in guardia dal nascondere il fuoco della nostra fede e del nostro ministero, sotto la cenere dell'accidia, della superbia e dell'indolenza! Chiediamoci dunque: come si può e si deve ravvivare il dono del ministero di cui il Signore ci ha fatti partecipi? Parafrasando il pensiero di Isaia: [domandiamoci] "Coloro che ci vedono, ci riconoscono come coloro che sono partecipi della stirpe eletta del Signore?" (Cf Is 61, 9). Carissimi ed amati sacerdoti, anche noi siamo chiamati a soffrire "per" il Vangelo (2Tm 1, 8).

Se la nostra chiamata è un dono impegnativo, dev'essere anche un modo gioioso ed irresistibile di farlo nostro, di accoglierlo in noi e di diffonderlo intorno a noi. A tutti e a ciascuno di voi, carissimi presbiteri, diciamo un sincero ed affettuoso grazie per l'abnegazione con cui servite le nostre Comunità e gli ambiti del ministero ecclesiale. Grazie anche della pazienza che avete con me e della comprensione delle mie mancanze e limiti! Sappiate che vi voglio davvero bene!
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