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Molfettesi nel caos del Venezuela, il racconto di Angela Amato

Intervista al presidente dell'associazione "Molfettesi nel mondo"

È di poche settimane fa la notizia del tentativo di colpo di stato avvenuto nel già tormentato Venezuela ad opera delle forze guidate dall'autoproclamato presidente Guaidò contro le truppe governative: le manovre militari, annunciate con molto clamore e risuonate in tutti i media mondiali, hanno fatto concretamente temere che la guerra civile fosse ormai ben più che una paventata possibilità. Sebbene il colpo di stato si sia risolto in poche ore in un nulla di fatto, il Venezuela è un paese ormai allo stremo delle forze, la cui situazione viene sempre seguita con particolare attenzione e preoccupazione dalla nostra città. Ciascuna delle nostre famiglie ha una storia di emigrazione che intreccia il destino dei suoi membri a terre oltreoceano, di cui il Venezuela appunto è sempre stata meta preferita, ed è ovvio il sentimento di compartecipazione emotiva ad ogni notiziario che elenca nuove vittime, nuovi incidenti e nuove privazioni nella vita di tutti i giorni.

Abbiamo incontrato Angela Amato, presidente dell'Associazione "Molfettesi nel mondo", così da delineare un po' il quadro della situazione dei nostri concittadini in Venezuela.

Cosa sapete come Associazione della situazione in Venezuela?
Le nostre notizie provengono, oltre che dai media, dai racconti di prima mano di chi vive in Venezuela e con cui siamo in contatto. La situazione è nulla di meno che drammatica: il cibo scarseggia, come tutti i beni di prima necessità. La benzina è quasi introvabile. Le fabbriche sono più frequentemente chiuse che aperte, e i lavoratori molto spesso sono costretti a restare a casa. Stanno diventando sempre più frequenti le interruzioni di corrente. A ciò si aggiungono i problemi di ordine pubblico, Maduro si serve dei cosiddetti colectivos, gruppi di volontari arruolati per proteggere la rivoluzione, ma che adesso sono ridotti a niente di meno che squadracce. Quest'ultime si scontrano spesso con militanti di estrema destra, contribuendo al clima di caos. Ma la situazione più delicata è quella delle persone che hanno problemi di salute, l'approvvigionamento dei medicinali è diventato praticamente impossibile e ciò ha portato al collasso anche gli ospedali, che prima erano le sole strutture a funzionare in maniera adeguata. Non è raro purtroppo morire persino per una comune infezione batterica, proprio per la mancanza di antibiotici. A patire di più sono gli abitanti delle grandi città, come la capitale Caracas che, oltre ad essere maggiormente esposti agli scontri, non possono consumare direttamente per sopravvivere i prodotti che producono, come avviene nelle campagne per chi lavora nell'agricoltura e nell'allevamento e che quindi sono relativamente più tranquilli.

Quanti molfettesi vivono regolarmente nel territorio venezuelano?
È molto difficile fare una stima precisa per una serie di fattori, possiamo solo parlare di diverse migliaia. Gli emigrati molfettesi hanno ovviamente messo in quella terra radici da molti anni, quindi ormai siamo giunti alla terza e alla quarta generazione di discendenti che, ovviamente, sono più svicolati dalla terra di origine dei loro nonni o bisnonni, al punto spesso di non conoscere nemmeno l'italiano. Inoltre l'emigrazione in Venezuela dei nostri concittadini ha avuto delle caratteristiche peculiari, rispetto a quella avvenuta in Australia o in Usa o in Argentina. Fu una migrazione soprattutto di uomini che lasciavano in patria mogli e figli, sottoponendosi ad una vita particolarmente dura. L'assenza delle donne ha impedito che, come invece è accaduto in altri Paesi, si creassero delle reti sociali, per esempio nelle chiese, per il culto della Madonna dei Martiri. Quindi, in Venezuela, manca anche un corrispondente della nostra Associazione a cui far riferimento, con cui prendere contatti e poter fare delle stime.

Riuscite a mantenere i contatti con i molfettesi in Venezuela?
La maggior parte delle comunicazioni avvengono grazie ad Internet, quindi tramite social o WhatsApp, anche se in alcune casi le interruzioni di corrente rendono tutto più complicato. In questo modo, talvolta siamo anche riusciti a mettere in contatto alcune famiglie con i propri parenti. Ma non è qualcosa di scontato. I più anziani ovviamente sono più difficilmente raggiungibili, dato che comunicavano solo telefonicamente.

Cosa raccontano della loro vita in questo momento?
La loro vita non è mai stata rosea, nemmeno negli anni passati. Negli scritti di don Tonino, già si leggevano racconti dell'estrema povertà della popolazione venezuelana quando era presidente Lusinchi, di molto antecedente al chavismo. I molfettesi, però, in quegli anni conservavano ancora un tenore di vita abbastanza buono, essendo per la maggior parte imprenditori. All'avvento del socialismo, accolto dapprima anche da loro con entusiasmo, le cose sono precipitate velocemente. Alla nazionalizzazione dei beni, i molfettesi sono stati costretti ad affittare le proprie case per pochi soldi, mentre prima riuscivano a ricavarci un reddito adeguato. Il governo si è poi consumato nella corruzione che piega qualsiasi cosa ad ogni livello. Perciò, tutti i molfettesi venezuelani auspicano in un cambiamento. Alcuni lo vedono in Guaidò, lo riconoscono come la migliore opzione esistente per il futuro. Altri, invece, vedono la sua presa di potere eventuale come un mero colpo di stato. La situazione è molto complessa ed è anche difficile prendere posizione, specie nella consapevolezza che il quadro sia bloccato in attesa delle decisioni prese da paesi più influenti che manovrano la situazione venezuelana per i loro interessi. Non vi è dubbio, però, che sia stato il governo di Maduro a condurre il paese sull'orlo del baratro.

Alcuni emigranti molfettesi e i loro discendenti pensano di tornare in Italia?
Molti stanno già tornando, ma non è possibile per tutti. L'inflazione altissima fa sì che non sia possibile per tutti sostenere economicamente il costo del viaggio, e ci sono molte persone anziane e malate che non riuscirebbero a lasciare comunque il paese. Altri scelgono di rimanere per non allontanarsi dalle loro proprietà che, di certo, sarebbero confiscate in loro assenza. Si pone un altro problema logistico, poi, per chi sceglie di tornare. Molti molfettesi furono costretti a rinunciare alla cittadinanza italiana, quando le leggi venezuelane posero il divieto della doppia cittadinanza. Ottenerla adesso, con il relativo passaporto, è un'operazione titanica. I consolati non funzionano, le code sono chilometriche e non è nemmeno detto che si riesca nell'impresa. Quindi molti sono sostanzialmente bloccati nel paese. Se anche riuscissero a tornare, i problemi non finirebbero. Chi in anni passati ha fatto investimenti in Italia, può contare su una rendita per poter vivere dignitosamente. Ma gli altri vivono sostanzialmente sulle spalle delle famiglie, o costretti a lavori non qualificati per l'impossibilità di convertire i titoli di studio venezuelani. Peraltro, il recente Decreto Salvini limita i diritti anche di queste persone, le quali sono formalmente straniere, avendo la sola cittadinanza venezuelana.

Quali forme di sostegno state portando avanti come associazione per questa difficile situazione?
Per chi è ancora in Venezuela, inviare degli aiuti è quasi impossibile, non ci sono canali ufficiali, si rischia di essere vittime di truffe come spesso è avvenuto. Per chi è arrivato in Italia, ci siamo messi a disposizione per aiutare a sbrigare le pratiche in anagrafe o presso i servizi sociali. Siamo sempre disponibili per ogni altra forma di aiuto di questo tipo, anche per tentare di mettere in contatto le famiglie con i loro parenti. Inoltre, su nostro suggerimento, il Vescovo ha dedicato nelle scorse settimane una domenica alla preghiera per il Venezuela, con inserimento di un inciso apposito nella preghiera dei fedeli di ogni parrocchia e con una messa in Cattedrale officiata dal nostro padre spirituale don Giuseppe de Candia. Il nostro intento per il futuro è di dedicare il nostro prossimo Convegno dei Molfettesi nel mondo al tema del Venezuela, senza posizioni ideologiche di alcun tipo, ma auspicando la serenità per un popolo di cui siamo fratelli e gemelli. Come mi ha detto un'emigrante novantacinquenne qualche mese fa, se i paesi di adozione sono il cuore, qualcosa che si sente e batte forte di riconoscenza, Molfetta resta l'anima: qualcosa che non si vede, ma che è dentro, sempre.
  • Associazione Molfettesi nel Mondo
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