Piero De Nicolo
Piero De Nicolo
Politica

Il rimpasto si dice ma non si fa

La Giunta passa a 6 componenti. Le deleghe di Spadavecchia al Sindaco

"Tutto fumo e niente arrosto". Quando la politica si incarta su "rimpasti" ed argomenti analoghi, il segnale è pessimo. Siamo di fronte o ad una rincorsa ai "posti" o ad una disperata soluzione che pensa, mescolando le carte, di risolvere problemi che altrimenti non si è in grado di sbrogliare. Rimpasto. Questa è stata la parola chiave delle ultime settimane. Termine vecchio da Prima Repubblica. Ma che nel limbo di una Repubblica che somiglia sempre di più alla prima ha ancora un significato. «Non abbiamo intenzione di "epurare" nessuno», avvertiva il 20 giugno alla nostra redazione Piero de Nicolo. «Nei giorni scorsi il Pd mi ha chiesto un nuovo rimpasto di giunta. Il secondo in pochi mesi, chiesto dallo stesso partito». Era stata lestissima, il 3 luglio scorso, il sindaco Paola Natalicchio, a sentir subito puzza di bruciato nelle voci sul rimpasto bis (rimpasto bis: altra espressione preistorica, riferita a quando l'Italia aveva - ma in parte ha ancora - un governo dopo l'altro di vita breve ma con lo stesso timoniere e il bis è una replica con rimpasto, un reincarico dopo una verifica di maggioranza, un tagliando).

Eppure, nonostante tutte le attenzioni di de Nicolo per la comunicazione, nella quale è bravissimo, quel che sembrava si stesse apparecchiando era proprio il solito, vecchio rimpasto. Non ci sarà, salvo stravolgimenti dell'ultim'ora. Il classico "tutto fumo e niente arrosto". Il segretario si troverà di nuovo davanti al dilemma su come prender le distanze da pratiche ostiche, ormai indigeste, per i molfettesi. Insomma, dopo tanto tam tam mediatico, come potrà mantenere la sua base di consenso, l'entusiasmo di chi vedeva in lui l'unica chance vera (e anche concreta) di cambiamento, se da leader del partito di maggioranza nel governo locale continua di fatto a avallare situazioni politiche che proprio a lui non piacevano? Come potrà tirar fuori le mani dall'impasto, dal rimpasto che, per riequilibrare i rapporti di forza tra e dentro i partiti, non potrà non tener conto del drappello dei tesserati del Pd? E soprattutto, non sarà ancor più difficile per de Nicolo fare le parti di chi è costretto a pazientare ancora una volta e intanto incalza l'amministrazione comunale a fare, fare, fare?

Insomma, il governo locale targato Paola Natalicchio sembrava fragile, grigio, traballante. Molte caselle, come nelle cartelle della tombola, cominciavano a non chiuder più l'occhio, la finestrella era rotta o incastrata e andava cambiata. Per mille ragioni, almeno in teoria, almeno nei pensieri del segretario. La pratica però è un'altra cosa. C'è chi "merita" d'esser promosso perché nella cordata giusta e chi di uscire dalla giunta perché ha commesso errori marchiani o non ha fatto quel che doveva fare o più semplicemente è rimasto senza rete politica: Giovanni Abbattista e Rosalba Gadaleta in primis, i due Consiglieri Comunali Davide de Candia e Damiano Angeletti, tutti accusati di aver sposato il progetto politico di Guglielmo Minervini e di non essere «più in quota al Partito Democratico».… Certo, de Nicolo sa bene, l'ha detto durante una nostra intervista, che «non è neppure il partito di Molfetta che deciderà su eventuali provvedimenti contro chi dice di essere del Pd e non lo vota. Deciderà l'Organismo di Garanzia Provinciale». Lo farà anche adesso? E sa che il suo dietrofront, (adesso il primo cittadino con decreto emanato lunedì 13 luglio è anche responsabile delle attività produttive, annona e sport) con conseguente variazione del numero dei componenti della Giunta da 7 assessori a 6, rischia di ridimensionare il patrimonio di fiducia che i molfettesi e i tesserati del Pd, gli hanno dato nel Congresso. Sarà arduo per Piero de Nicolo difendersi dal sospetto di essere un leader che predica bene e razzola male.
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