
Il comitato "Difesa Verde" sul parcheggio di Torre Gavetone: «Si trovi una soluzione»
La nota: «Va scongiurata la sua privatizzazione dopo 35 anni di uso pubblico»
"Rispondere a questa domanda richiederebbe scrivere diversi tomi e volumi, considerate le diverse generazioni, le vite passate da quel tratto di costa molfettese, tra Molfetta e Giovinazzo. Con la Prima Cala e Cala San'Andrea, quella del Gavetone resta l'unica spiaggia pubblica sia per chi sceglie di goderne liberamente, sia per chi non ha la possibilità economica di affrontare costi dei lidi sempre più cari, insostenibili per tante famiglie. Motivi per cui sarebbe da scongiurare ogni tentativo di privatizzarla.
Inoltre, se non bastasse, è l'unico tratto da poter percorrere a piedi per più di un chilometro per una passeggiata senza barriere, quelle create da diversi lidi balneari privati che lungo quella costa ostacolano di fatto l'accesso alla battigia, cosa totalmente illegale, considerata la natura collettiva delle spiagge in quanto parte del demanio marittimo ed in virtù delle norme che le disciplinano.
È notizia di qualche giorno fa la chiusura del parcheggio del Gavetone, l'unico non a pagamento di quel tratto di litoranea. Sembrerebbe, per un mancato accordo riguardo il rinnovo contrattuale d'affitto tra i proprietari del suolo e l'amministrazione comunale. Non siamo a conoscenza dei dettagli, ma di fatto quel mancato accordo ha provocato l'interdizione di quel sito che a memoria, da almeno 35 anni, è adibito a parcheggio ed accesso alla spiaggia. Fatti socialmente rilevanti, considerata l'inacessibilità pubblica di gran parte di quella costa e della consuetudine, del costume a spostarsi per la città, esclusivamente con il mezzo privato, anche perché i mezzi pubblici sono troppo pochi e poco utilizzati. Aspettare sotto il sole, considerata la mancanza di pensiline per attesa bus, per molto tempo affinché arrivi una circolare, senza l'opportunità di ripararsi all'ombra, certamente demotiva anche i più coraggiosi, rendendo quell'attesa impossibile per i più fragili: bambini ed anziani. Quindi l'auto resta una scelta quasi obbligata, poi a seguire motocicli e bicilette, che in molti usano sempre più anche grazie ad una miglior sicurezza stradale e alla realizzazione dalla pista ciclabile attesa da diversi decenni, dopo numerose vittime della strada.
Dicono che dai momenti di crisi bisogna trarre ispirazione, cercare nuove soluzioni ed opportunità per affrontare il quotidiano.
E se questa del mancato rinnovo del contratto d'affitto lo fosse?
Un motivo in più per spingere la città verso una mobilità dolce, abbandonando i mezzi privati ed implementando invece quelli pubblici? Decine di navette elettriche che fanno da spola in un paese sgombro di auto? E' utopia? E' follia immaginare una città piccola come Molfetta senza congestioni del traffico?
E' giusto che quel suolo resti una pietraia assolata priva di qualsiasi forma di vegetazione se non di sterpaglia e non, per esempio, una Pineta in riva al mare dove ripararsi all'ombra?
Non sarebbe lecito pensare, vista l'importanza sociale di quel luogo, che l'amministrazione comunale lo acquisti ammesso non ci siano le condizioni per poterlo espropriare e garantirlo alla collettività tutta?
Non sarebbe lecito pensare che i proprietari agevolino questo percorso, almeno vendendolo al Comune?
E se ci fossero le condizioni per poter ridurre se non azzerare l'uso dell'auto privata, quanti altri spazi recupereremmo su quella litoranea tra Molfetta e Giovinazzo come altrove in città? Di quanti parcheggi si potrebbe fare a meno e quanti gli alberi da poter piantare? Quanta aria in più da poter respirare? Come e di quanto migliorerebbe la qualità della vita di tutte e tutti? Quali e quanti i benefici economici ed ambientali di cui far godere le persone e le future generazioni?
Quanto sarebbe più bella e vivibile Molfetta liberata dalla schiavitù dell'auto privata?
Come Comitato Difesa Verde e Territorio continueremo a porre quesiti, che rivolgiamo in primis a noi stessi.
La rottura di schemi consolidati di una comunità non può che esprimersi dalla volontà e dalla pietas delle singolarità affinché diventi prassi collettiva e trovi delle soluzioni. Quindi ci rivolgiamo ad ogni nostro aderente, alla cittadinanza e naturalmente all'amministrazione, quella traballante presente nella quale non confidiamo più, ma soprattutto a quella che verrà".