Giulio Mastromauro
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Cultura, Eventi e Spettacolo

Cinema, nuovo premio per il molfettese Giulio Mastromauro

Il suo documentario "Bangarang" vince nella sezione Panorama Italia della Festa del Cinema di Roma

All'indomani dell'anteprima all'Auditorium della Conciliazione, cui erano presenti circa 400 persone, la notizia della vittoria di "Bangarang" di Giulio Mastromauro nella sezione Panorama Italia di "Alice nella città", festival cinematografico internazionale dedicato alle giovani generazioni che si tiene in autunno soprattutto negli spazi dell'auditorium Parco della Musica di Roma. Il documentario, prodotto da Zen Movie con Nuovo Imaie, con il supporto di Apulia Film Commission e con la partecipazione di Dispàrte, vince il Premio speciale della giuria composta da Tarak Ben Ammar, Francesco Motta, Ivan Silvestrini, Yle Vianello, Alessandra De Tommasi e Riccardo Milani (Presidente onorario).

Questa la motivazione della giuria: "L'unico documentario in concorso merita un'attenzione e una menzione speciale per la capacità emotiva di aver colto le sfumature del vissuto dei bambini di Taranto, raccontate dalle loro stesse parole. A volte confuse, tendono a imitare gli atteggiamenti degli adulti e quindi vivono il caos, il "bangarang" del titolo, che il regista ha saputo raccogliere così bene. Giulio Mastromauro non lo ha trasformato in altro, non lo ha edulcorato né ha forzato la spontaneità dei giovanissimi interlocutori. Anzi ha saputo fare un passo indietro con grande incisività".

"È un premio totalmente inaspettato. Bangarang è un film libero e sono felice che la giuria abbia percepito l'amore, il coraggio e l'ostinazione con cui è stato realizzato questo film – commenta il regista, sceneggiatore e produttore Giulio Mastromauro – È un premio che sento di dover condividere con tutta la crew perché questo viaggio lo abbiamo fatto insieme. Dedico questo premio alla città di Taranto e ai suoi bambini."

"L'infanzia è un momento della vita che ha sempre acceso in me curiosità e stupore. L'infanzia è spensierata, giocosa, inconsapevole, ma anche arrogante e violenta. Durante dei sopralluoghi a Taranto per il mio prossimo film, sono rimasto incantato dai bambini di questa città, conosciuta principalmente per le tristi vicende legate all'acciaieria, la più grande in Europa, attiva dai primi anni Sessanta e teatro di uno dei più gravi disastri sanitari e ambientali della storia italiana ed europea. Ho sentito l'esigenza di raccontare questi bambini, ma non ho mai voluto speculare sulla tragedia. In "Bangarang" ho cercato di osservare e di ascoltare l'infanzia del luogo, con affetto profondo. Senza moralismo, in un modo autentico. Dando voce esclusiva – non ci sono adulti nel film – alle movenze, allo sguardo, alle emozioni degli esseri umani più piccoli. Li ho circondati dianimali straordinari – delfini, cavalli, fenicotteri, cavallucci marini – che per certi versi riconducono al loro immaginario e che donano al film una visione a tratti quasi fiabesca".

"Ho scoperto che la Natura di quel luogo ha una forza disarmante, una vera necessità di autoconservarsi e di riconquistare i suoi ecosistemi disastrati per far splendere la propria bellezza e unicità. La forza dei bambini che abitano quello stesso territorio è la medesima, ed è stata per me una constatazione potente. Durante le settimane a Taranto, stando a stretto contatto con i bambini della città, ho scoperto la loro energia incontenibile, liberatoria e a tratti violenta. Non ho mai cercato un solo interprete o protagonista, una voce assoluta attraverso cui raccontare. Era la loro energia collettiva ad avermi catturato, l'anima di una generazione. Il tempo mi è stato amico nello sviluppo del film, che si è plasmato da solo. Tutto è nato dalla semplice osservazione. E spesso il mio stato d'animo ha vacillato. Ho provato delle emozioni e sensazioni costanti e contrastanti. Passavo da momenti di euforia a momenti di profonda inquietudine. Ogni scena, anche la più quotidiana, diventava per me metafora di qualcosa di più grande. Scoprivo tutto lentamente: le abitudini dei bambini, la loro amicizia, il legame con la città. Il contrastocontinuo tra quello che per loro è un vero parco giochi a cielo aperto e il pericolo costante che genera la vicinanza all'acciaieria. Attigua alle abitazioni, alle scuole".

"Qualunque fosse il mio punto di osservazione, "Lei" c'era. È parte integrante di questo paesaggio urbano, come lo sono il mare e il cielo. Eppure loro sembrano esserne addirittura inconsapevoli. In me però qualcosa è cambiato quando, nel quartiere Tramontone, mi sono trovato difronte il gigantesco murales che raffigura il volto del piccolo Giorgio Di Ponzio, morto a 15anni a causa di un sarcoma ai tessuti molli. Sono rimasto ad osservarlo per ore. Quel momento ha cambiato il mio rapporto con il film, e forse ha cambiato per sempre anche me. Quello che mi interessava era mettere in scena una sorta di zibaldone leopardiano, una mistura di pensieri sul rapporto tra la Natura e l'uomo nei primi anni di vita. Ma questo "incontro" con Giorgio ha dato al film una lettura più profonda. Non ho mai voluto realizzare un film politico, "Bangarang" non è un'inchiesta sul disastro ambientale e sociale, sulla tragedia umana. Ma una testimonianza e al tempo stesso un incoraggiamento, rivolto ai più piccoli, a restare rumorosi e resistenti rispetto alle difficoltà della vita. Di qui il titolo, che in dialetto giamaicano vuol dire tumulto, disordine".
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