Renato de Sciciolo Antiracket
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Antiracket Molfetta: «Serve distaccamento carabinieri nella zona industriale»

L’intervista al presidente, Renato de Scisciolo, sull’impegno dell’associazione

Il contrasto alla criminalità organizzata è il primo passo verso l'onestà e la consapevolezza. Parte da questo presupposto l'intervista a Renato de Scisciolo, presidente di "FAI Antiracket Molfetta – Associazione Regionale", entità organizzativa territoriale della Federazione Antiracket Italiana (F.A.I.).

Attraverso le sue dichiarazioni, si delinea un quadro generale della diffusione delle pratiche illegali sul territorio, ma soprattutto della risposta e dell'impegno da parte dell'associazione.

Da quanto tempo siete operativi sul territorio molfettese?

«Siamo attivi su Molfetta da 15 anni. Ci ha sempre ospitati il Comune, ma da 5 anni ci siamo trasferiti in Piazza Vittorio Emanuele, nell'ex comando della polizia municipale. La nostra sede è diventata un punto di riferimento per il territorio regionale e nazionale. Abbiamo contatti con Bari, Napoli, Bologna, Brescia e Venezia».

Ascolto, assistenza e consulenza rappresentano il cuore della vostra attività. Come si declinano questi tre punti?

«Il nostro compito è fare da tramite tra imprese, magistratura e forze dell'ordine. Si rivolgono a noi imprese e cittadini segnalati dalle forze dell'ordine. Dopo l'ascolto legale, si procede con la denuncia alle forze dell'ordine. Soltanto dopo, le imprese possono fare richiesta al fondo legge 44 / 99 per vittime di estorsione. Come associazione anti-racket, noi ci costituiamo parte civile ai processi».

A Molfetta è diffusa l'illegalità?

«Il fenomeno più frequente, in città, è l'usura. Sono poche le denunce di estorsione e riguardano prevalentemente le imprese edili. Se prima del covid le denunce erano contenute, dopo la pandemia è tornato l'allarme criminalità organizzata, che ci fa capire di non abbassare mai la guardia».


Quali sono i pericoli più forti?

«In questo momento i clan baresi vogliono mettere i piedi sulla città, come già da tempo fanno i clan foggiani a nord della Puglia. È una questione che ha sollevato lo stesso don Ciotti: una nuova mafia sta nascendo e la situazione si fa critica. Per frenarla, c'è bisogno di maggiore controllo da parte delle forze dell'ordine. I cittadini e le imprese devono riporre più fiducia nelle istituzioni e nelle forze dell'ordine, non ci sono altre vie di contrasto alla mafia. Bisogna comprendere che chi denuncia non subisce ritorsioni».

Secondo lei, come si contrastano l'estorsione e l'usura?

«L'usura è diffusa perché spesso non si ha possibilità di accedere ai crediti. A mio parere il governo dovrebbe dare più possibilità alle banche e, di conseguenza, le banche dovrebbero garantire più flessibilità agli utenti. Le imprese hanno bisogno di liquidità e lo abbiamo visto durante il periodo covid. La Banca d'Italia dovrebbe fornire delle linee guida per l'accesso agli aiuti da fornire alla gente. Per quanto concerne l'estorsione, bisogna consapevoli del cosiddetto cavallo di ritorno: chi paga dopo averla subita, ne diventa complice, alimentando ancora di più il fenomeno. Per chi denuncia, la situazione è diversa: è previsto il diritto di sospensione di due anni dell'articolo 20 del Codice antimafia e le vittime di estorsione in campagna sono ripagate dallo Stato, che ne riconosce il danno del mezzo».

Quali sono le prossime iniziative in programma?

«A Molfetta vogliamo organizzare un incontro pubblico con i rappresentanti del governo e della lotta all'usura. Continueremo a organizzare il Premio della Legalità a Bari e a Casamassima, oltre a nuovi incontri con gli imprenditori per creare un rapporto diretto con loro. In particolare, Molfetta ha un'esigenza importante: la zona industriale è ormai diventata una città a sé stante, che ha bisogno di un controllo maggiore, al momento assente. Ho fatto richiesta scritta personalmente al Ministro degli Interni e alla Prefettura di Bari per istituire un distaccamento delle forze dell'ordine nella zona Asi. È un territorio in espansione, il cui controllo non può più essere rimandato o sottovalutato, il rischio è che succeda ciò che accade già a Modugno. Bisogna farlo per la sicurezza delle imprese e dei consumatori».
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