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160 anni dall'unità d'Italia. A Molfetta il pensiero degli Eredi della Storia-ANMIG

La riflessione del dottor Andrea de Gennaro

Il 17 Marzo 2021 l'Italia compie il suo 160esimo anniversario di unità nazionale. Legalmente, il ricongiungimento della penisola sotto la dinastia Savoia avvenne con la promulgazione della Legge n. 4671 del 17 Marzo 1861, nella capitale di allora: Torino.

In quei giorni la sola fortezza di Civitella del Tronto continuava a resistere, ed al neonato Regno di Italia mancavano ancora Lazio, Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige. Ci volle l'aiuto della Prussia di Bismarck per prendere dapprima Venezia nel 1866 e poi Roma nel 1870.

La città eterna divenne capitale nel febbraio 1871, e dunque quest'anno cade anche il 150-esimo anniversario di Roma Capitale.

Adesso che la pandemia globale da CoViD-19 ha fagocitato quasi interamente l'intero dibattito culturale, mostrando carenze e debolezze del nostro sistema politico, economico e sociale, ci vengono in mente le parole del compianto presidente dott. Michele Spadavecchia, che in un suo articolo del 2011, in onore dei centocinquanta anni di unità italiana, così ragionava:
"La moderazione ed il senso di responsabilità devono emergere nella nostra società dominata dai media, che misura l'importanza di un evento non tanto dalla sua valenza civica, quanto in termini di spettacolarità.
Non è una soluzione semplice! È necessario ricorrere ad altre virtù sociali: la costanza, la capacità di non abbandonare una lotta che ha dei tempi lunghi; la creatività, cosicché la forma possa essere reinventata continuamente.
Aggiungerei anche l'idea delle "Riforme Mobili", e non si tratterebbe di "riforme" come quelle di cui oggi si sente parlare: la riforma pensionistica (ossia i tagli alle pensioni), la riforma della giustizia (ossia distruggerla), la riforma della Costituzione (no comment). Sarebbero invece riforme che coinvolgono i cittadini stessi in una dinamica di decisione making che parte dal basso verso l'alto (vedi Cattaneo).
Idealmente le "riforme mobili" sono quelle che, strada facendo, portano la gente a interessarsi alla politica, ad auto-organizzarsi, a prendere parte continuativa nel processo riformatore. In questo schema gli individui non sono solo i destinatari passivi delle politiche che discendono dall'alto, ma diventano rapidamente cittadini attivi, critici e dissenzienti. Ciò imporrebbe ai politici di diffondere il potere, invece di concentrarlo.
Le donne e gli uomini non dovranno più lamentarsi della mancanza di una forte identità nazionale italiana ma troveranno la loro ispirazione in una virtù sociale solo apparentemente debole, quella della mitezza. La forza di tale virtù si propagherà a una cittadinanza ormai stufa di essere passiva e rinunciataria. Questa nuova Italia esprimerà insieme con la mitezza anche la fermezza, in patria cercando di capovolgere la lunga tradizione di clientelismo che costituisce l'anticamera delle organizzazioni criminali, offrendo in cambio regole chiare e trasparenti; all'estero predicherà la cultura della pace ed inviterà altri paesi a condividerne le ambizioni.
Questi intenti, queste azioni indicheranno a tutti qual è il posto che l'Italia desidera occupare nel mondo moderno. Ed era anche ciò che i nostri avi chiedevano."
In queste parole si possono leggere la lucidità e la capacità di uno studioso di storia, serio e competente, capace di descrivere uno scenario di evoluzione storica che si è poi avverato in questo ultimo decennio.
Tuttavia la Storia è maestra di vita, e non dobbiamo dimenticare tutti gli italiani, ed i molfettesi, che nel grande racconto della Macrostoria, hanno fatto la differenza nella Microstoria: Giovanni Cozzoli, Luigi La Vista, Felice Nisio, Vito Cesare Boccardi, Sergio Fontana e tanti altri.
La loro storia è stata conservata e tramandata ai molfettesi grazie all'impegno ed alla dedizione dei soci delle Associazioni Combattentistiche e d'Arma, che hanno raccolto la memoria dei loro avi e l'hanno trasformata nel Museo del Risorgimento e della Grande Guerra sito in via San Pietro.

La nazione italiana si accinge a festeggiare questo anniversario con il dolore nel cuore, e nel lutto causato dalla pandemia che ha portato (e porterà ancora) al decesso di oltre centomila connazionali, con la speranza che la campagna vaccinale possa portare un freno al terrore causato da questa malattia invisibile, ma letale.
Siamo sicuri che l'intera nazione italiana, ormai unita anche nello sforzo comune di arginare l'emergenza sanitaria, saprà risollevarsi dal baratro in cui è sprofondata, così come è già accaduto in passato: evviva l'Italia!


14.03.2021
dott. Andrea de Gennaro
Eredi della Storia-ANMIG
  • Associazione Eredi della Storia
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