Simulavano l'acquisto di oro all'estero: 7 arresti. C'è anche un 53enne di Molfetta

Si tratta di Pasquale Mazzola, finito ai domiciliari. La frode fiscale smascherata dalla Finanza, sequestri per oltre 133 milioni di euro

martedì 22 novembre 2022 17.40
Sette arresti (uno in carcere e sei ai domiciliari) per una frode fiscale milionaria attuata con la compravendita fittizia di oro. In manette, per mano della Guardia di Finanza di Lecce, sono finiti i membri di una società attiva nel commercio d'oro. Fra questi, pure un 53enne di Molfetta, Pasquale Mazzola, posto ai domiciliari.

Proprio loro, nelle diversificate vesti di promotori, di organizzatori, amministratori, prestanome e di liberi professionisti, raggiunti da un'ordinanza del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce, Marcello Rizzo, su proposta del pubblico ministero Giovanna Cannarile, sono accusati dei reati di associazione per delinquere, emissione, utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, riciclaggio, autoriciclaggio, sottrazione al pagamento delle imposte e bancarotta fraudolenta.

L'attività ruota principalmente intorno a un "operatore professionale" del commercio di «oro, metalli preziosi ed oro da investimento», iscritto nell'apposito elenco della Banca d'Italia, la Esposito Group s.p.a., con sede legale a Roma, sede operativa e stabilimento di produzione a Racale e altre sedi a Catanzaro, ad Arezzo e Marcianise, al centro di una capillare rete di società cartiere (italiane ed estere) e di un complesso sistema di frode fiscale e riciclaggio internazionale di denaro.

Nei confronti delle società di capitali coinvolte e delle persone fisiche, il Tribunale di Lecce ha disposto il sequestro preventivo per oltre 133 milioni di euro, quale profitto dei diversi reati contestati. Le indagini, avviate sulla base di autonome attività ispettive, avrebbero rivelato un complesso sistema di frode fiscale, esteso in ambito intra ed extra europeo, ovvero fra Portogallo, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Ungheria, Gran Bretagna, Albania, Australia e Svizzera.

Le investigazioni avrebbero fatto emergere che i titolari della società salentina avrebbero utilizzato società cartiere, verso cui sarebbero state bonificate ingenti somme di denaro giustificate con l'emissione di fatture per operazioni inesistenti, idonee a simulare l'acquisto di "partite" d'oro dall'estero. Le liquidità bonificate dalla società salentina presso banche estere, attraverso rilevanti prelevamenti di denaro contante, sarebbero state ritirate e reintrodotte sul territorio nazionale.

In un triennio, sarebbero stati ritirati per contante, all'estero, 120 milioni di euro. Il sodalizio criminoso, per impedire all'erario di incassare le imposte non pagate, si sarebbe liberato in modo fittizio degli asset patrimoniali, trasferendoli ad un'altra società simile. Di conseguenza la sede sarebbe stata trasferita in Bulgaria.