Psicosi coronavirus, un esercente cinese di Molfetta: «Subiamo discriminazioni»

Non solo calo delle vendite: si denunciano anche comportamenti irrispettosi

mercoledì 5 febbraio 2020
Che la "psicosi da coronavirus" stia innescando non pochi problemi in tutta Italia è ormai un fatto risaputo, visti i timori (in gran parte ingigantiti) legati a questa epidemia che sta comunque mietendo vittime e creando preoccupazione in Cina, con diversi casi di contagio anche negli altri continenti.

In Italia si registra un evidente calo dei consumi nei ristoranti, nei grandi store e nei piccoli negozi gestiti da cinesi che vedono prodotti di ogni genere, tutto rigorosamente a prezzi contenuti, dall'abbigliamento a prodotti per la casa, cosmetici e qualsiasi altra cosa. Sono tante, anche sul territorio molfettese, le attività con proprietari della Cina: luoghi di solito molto affollati e in queste ore oggettivamente meno frequentati.

Come già riportato negli ultimi giorni, anche a Molfetta sarebbero crollati gli affari di molte attività cinesi: per saperne qualcosa in più in merito a questa particolare situazione, abbiamo contattato un esercente cinese che da anni gestisce un negozio in città. «Stiamo vivendo giorni difficili - esordisce - perché da un momento all'altro abbiamo visto un notevole calo delle vendite. Anche molti dei nostri clienti abituali hanno improvvisamente smesso di frequentare la nostra attività». La cosa più triste, andando anche oltre il pesante dato degli introiti, è l'esistenza di atteggiamenti discriminatori nei loro confronti: «Personalmente, negli ultimi giorni mi è successo di ascoltare schiamazzi all'ingresso del negozio da parte di ragazzini e giovani di passaggio. "Virus cinese", "Dovete chiudere" o persone che sono entrate con la mano sulla bocca, quasi che avessero davvero il timore di essere contagiati da noi».

L'intervistato, speranzoso di superare presto il momento di disagio, chiosa con queste parole: «Bisogna denunciare ogni atteggiamento a sfondo razzista o discriminatorio perché questo non si chiama "virus cinese" ma "conoravirus". La Cina è stata la sua zona d'origine, come ogni epidemia può avere la sua, ma questo non vuol dire che si debba evitare di entrare nei nostri negozi o avvicinarsi a noi con questi comportamenti».