Moby Prince: parla il comandante de Falco

Nella tragedia morirono 4 molfettesi: sotto accusa i soccorsi

giovedì 20 ottobre 2016 15.21
A cura di Nicolò Aurora
La sera del 10 aprile 1991 il Moby Prince e la petroliera Agip Abruzzo entrarono in collisione al largo del porto di Livorno facendo scaturire un rogo in cui perirono 140 persone a bordo del Moby. Solo una persona sopravvisse nell'occasione.

Tra le 140 vittime vi furono purtroppo anche 4 molfettesi, tutti membri dell'equipaggio: Giovanni Abbattista (46 anni), Natale Amato (53), Giuseppe de Gennaro (29), Nicola Salvemini (36). Da allora molte sono state le polemiche e le accuse fino al processo finale che pose la parola fine alla vicenda senza però individuare alcun colpevole. I familiari delle vittime, ed anche le Istituzioni, non hanno però smesso di lottare per far emergere la verità: sotto i riflettori spesso è finita la macchina dei soccorsi, accusata di essersi rivolta per prima alla petroliera Abruzzo, per ragioni economiche, piuttosto che al Prince.

Questo filone accussatorio si arricchisce oggi di un altro importante contributo ovvero le dichiarazioni rilasciate stamane dal comandante de Falco in un'intervista pubblicata sul Corriere della Sera e leggibile integralmente sul sito on line del quotidiano nazionale. Gregorio de Falco, già noto per essere stato protagonista della tragedia della Concordia ha deposto inoltre presso la Commissione parlamentare d'inchiesta del Senato le sue rimostranze, confermate poi nell'intervista.

Secondo il comandante, riportando testualmente le sue parole, « Se gli sforzi fossero stati organizzati con metodo (...) il Moby sarebbe stato individuato molto prima e dunque si sarebbe potuti intervenire molto più efficacemente » inoltre confermano come per primi « salparono rimorchiatori privati per raggiungere l'Abruzzo » configurandosi come « intervento egoistico, lucrativo ».

Le parole di de Falco sembrano quindi confermare la tesi portata già avanti con rabbia e determinazione dai familiari delle vittime. Sono quindi parole che seppur da un lato generano ancora più rabbia, dall'altro confermano come alcune vite potevano forse essere salvate.