Appalti e favori, ieri gli ultimi tre appelli: decisione entro 45 giorni

In aula, ieri, davanti alla presidente Mastrorilli si sono presentati i dirigenti Binetti e Satalino e l’imprenditore portuale Totorizzo

martedì 1 luglio 2025 9.25
A cura di Nicola Miccione
L'inchiesta della Procura della Repubblica di Trani sui presunti intrecci tra politica e imprenditoria a Molfetta è arrivata, anche per gli ultimi tre indagati sottoposti a misure, al banco di prova del Tribunale della Libertà per gli appelli cautelari, un mezzo di impugnazione che permette di contestare misure cautelari personali.

In aula, ieri mattina a Bari, davanti alla presidente Annachiara Mastrorilli si sono presentati i dirigenti comunali Alessandro Binetti e Domenico Satalino, entrambi sospesi dall'esercizio dei pubblici uffici e servizi per 1 anno, e l'imprenditore portuale Vito Leonardo Totorizzo, a cui è stato invece notificato il divieto di contrarre per 1 anno, per chiedere la revoca della misura cautelare disposta il 5 giugno scorso dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trani, Marina Chiddo.

A rappresentarli nel corso dei rispettivi appelli cautelari, gli avvocati Felice Petruzzella, Nunzio Palmiotto, Domenico D'Alessandro e Maurizio Masellis che hanno depositato le loro memorie difensive, fondate sull'assenza dei gravi indizi di colpevolezza verso i loro assistiti rispetto alle accuse di irregolarità sull'affidamento degli appalti. In aula non erano presenti i pubblici ministeri titolari del fascicolo d'inchiesta, Giuseppe Francesco Aiello, Francesco Tosto e Marco Gambardella.

Il collegio si esprimerà entro 45 giorni. Da sabato sera, intanto, il sindaco di Molfetta, Tommaso Minervini, è libero (non è più ristretto agli arresti domiciliari), ma non potrà avvicinarsi agli uffici comunali. Il Tribunale del Riesame, infatti, ha notificato un secondo dispositivo in cui, al posto della sospensione dai pubblici uffici e servizi per un anno, ha disposto il divieto di dimora nei locali dell'Ente locale, «​una sorta di divieto di avvicinamento al Comune», hanno rimarcato i suoi legali.

I giudici (presidente Giulia Romanazzi) hanno confermato le esigenze cautelari per due capi d'imputazione (peculato e falso), disponendo - in un primo momento - la sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficio, poi sostituita, per «mero refuso», con il divieto di dimora circoscritto agli uffici comunali di Molfetta, «di non accedervi senza l'autorizzazione del giudice»: l'errore stava nella non applicabilità della misura interdittiva ad una carica elettiva (quale è quella di un sindaco).

Si è trattato di «una modifica del dispositivo che ha previsto la sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficio per un anno, con il divieto di dimora presso i locali di Palazzo di Città. È un divieto di avvicinamento al Comune», ha spiegato Mario Malcangi, uno dei due difensori di Minervini, dopo la notifica del provvedimento.