Processo sul porto di Molfetta, le motivazioni della sentenza del Tribunale di Trani

Dettagli illustrati da Felice Petruzzella, avvocato difensore di Antonio Azzollini

lunedì 25 maggio 2020
A cura di Danilo de Robertis
Il 20 dicembre 2019 è stata scritta la parola "fine" sulla processo riguardante i lavori per il porto commerciale di Molfetta: il Tribunale di Trani ha disposto in quella circostanza l'assoluzione con formula piena per il già senatore e sindaco Antonio Azzollini e per il dirigente comunale Vincenzo Balducci.

Le accuse, contestate a vario titolo, erano di associazione per delinquere, falso, abuso d'ufficio, rifiuto di atti d'ufficio, truffa, frode in pubbliche forniture, violazioni ambientali e paesaggistiche e della disciplina speciale per la bonifica da ordigni bellici, attentato alla sicurezza dei trasporti marittimi. Le indagini avevano portato nel 2013 a due arresti, al sequestro dell'intera opera e dei finanziamenti non ancora utilizzati: erano 33 complessivamente, gli imputati nel procedimento di cui 28 persone fisiche e cinque società.

Il Tribunale di Trani ha reso note le motivazioni che hanno portato all'assoluzione di Azzollini e Balducci: per riassumere le 440 pagine del documento, abbiamo contattato Felice Petruzzella, avvocato difensore dell'ex primo cittadino molfettese: «Si tratta di una sentenza particolarmente complessa che affronta nella prima parte lo sviluppo del processo e nella seconda i singoli capi di imputazione che erano stati contestati. La cosa più importante da evidenziare è che il Tribunale abbia accolto tutta la linea di difesa sviluppata sia dal senatore Azzollini durante il suo esame dibattimentale, rispondendo a tutti i capi di imputazione e servendosi anche di documenti puntualmente depositati a corredo delle sue risposte. In tal modo è stato demolito l'impianto generale dell'accusa, secondo cui vi fosse una consapevolezza da parte dell'amministrazione comunale, nelle persone di Azzollini e Balducci, in merito alla presenza di un numero di ordigni di gran lunga superiore a quelli preventivati al momento della progettazione del porto».

«La sentenza - ha aggiunto l'avvocato - spiega in maniera chiara che la valutazione fatta era assolutamente legittima e prudenziale nonché avvallata anche da soggetti terzi quali Arpa, Ministero dell'Ambiente, Nucleo SDAI e Regione Puglia. Tutti questi soggetti hanno sempre validato ciò che un'azienda privata aveva già documentato al Comune di Molfetta. Tutto ciò che è stato scoperto dopo è stato il frutto di un caso fortuito, indipendente da tutte le valutazioni condotte in precedenza. La sentenza ha dunque riconosciuto che l'opera era assistita da tutte le autorizzazioni regionali e rispettava tutti i vincoli ambientali, in linea con quanto condiviso con la Soprintendenza e con il Ministero dell'Ambiente e dei Beni Architettonici. Insomma, tutto era sviluppato nella piena regolarità fin dalle sue origini. Tutti i passaggi ingegneristici dell'opera sono stati riconosciuti come legittimi, privi di alcun vincolo e nel pieno rispetto delle leggi vigenti, diversamente a quella che era la posizione del Pubblico Ministero».

Una parte importante delle motivazioni riguarda i capi di imputazioni legati al bilancio: «Anche in questo caso il Tribunale non ha accolto l'ipotesi accusatoria, riconoscendo quanto Azzollini ha sempre dichiarato e documentato, ossia che mai un centesimo sia stato distratto e che tutte le somme sono state legittimamente spese e destinate ad altre opere solo perché la legge lo permetteva. Clamorosamente, il consulente del pubblico ministero non aveva letto questo aspetto normativo, parlando di illegittimità per tutte le opere definite "extra-porto". Sia in termini di spesa che di appostazioni di bilancio, l'operato dell'amministrazione e in particolare del dott. Giuseppe Domenico de Bari, all'epoca dirigente del settore bilancio, era stato pienamente regolare: si è ipotizzato erroneamente che i bilanci comunali fossero stati gonfiati per coprire delle perdite legate al progetto del porto. Tra l'altro, abbiamo anche documentato che il Commissario prefettizio dopo Azzollini, il sindaco Natalicchio e il sindaco Minervini hanno tutti continuato ad operare nella stessa identica maniera di come operava l'amministrazione Azzollini».

«La lettura della sentenza - conclude Petruzzella - ci soddisfa completamente perché tutto quello che abbiamo sostenuto è stato recepito dal Tribunale che ha fatto cadere tutti i capi di imputazione, sconfessando completamente l'impostazione accusatoria. Per quanto riguarda la famosa transazione di 7 milioni e 800 mila euro pagati dal Comune alla C.M.C., si ipotizzava che dietro questa transazione ci fossero stati pagamenti illegittimi in favore della ditta aggiudicataria dei lavori. Il Tribunale si è assicurato che la Corte dei Conti, che aveva già archiviato l'indagine contabile, aveva correttamente disposto quell'archiviazione e ha riscontrato l'assenza totale di profili di rilevanza penale nella transazione medesima. Quindi, quel pagamento è stato ritenuto legittimo e lecito sia dal Giudice contabile che da quello penale».