Molfetta, appalti e favori. Oggi ultima giornata al Riesame
In mattinata, a Bari, toccherà agli avvocati dei dirigenti comunali Binetti e Satalino e dell'imprenditore portuale Totorizzo
lunedì 30 giugno 2025
1.26
La posizione di altri tre indagati al centro dell'inchiesta su presunti intrecci fra politica e imprenditoria di Molfetta sarà valutata dal Tribunale del Riesame. In aula, questa mattina, si presenteranno i due dirigenti comunali Alessandro Binetti e Domenico Satalino e l'imprenditore portuale molfettese Vito Leonardo Totorizzo.
A rappresentare i primi due indagati, entrambi sospesi dall'esercizio dei pubblici uffici per un anno, gli avvocati Felice Petruzzella, Nunzio Palmiotto e Domenico D'Alessandro, mentre l'imprenditore è difeso dall'avvocato Maurizio Masellis. Tutti, con le loro memorie difensive, proveranno a convincere i giudici della assenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico dei loro assistiti rispetto alle accuse di presunte irregolarità relative all'affidamento di appalti comunali negli anni scorsi.
Da sabato sera, intanto, il sindaco di Molfetta, Tommaso Minervini, è libero (non è più ristretto agli arresti domiciliari), ma non potrà avvicinarsi a Palazzo di Città e agli uffici comunali molfettesi. Il Tribunale del Riesame, infatti, ha notificato un secondo dispositivo in cui, al posto della sospensione dai pubblici uffici e servizi per un anno, ha disposto il divieto di dimora nei locali dell'Ente, «una sorta di divieto di avvicinamento al Comune», hanno chiarito i difensori del primo cittadino.
I giudici (presidente Giulia Romanazzi) hanno confermato le esigenze cautelari per due capi d'imputazione (peculato e falso), disponendo - in un primo momento - la sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficio, poi sostituita, per «mero refuso», con il divieto di dimora circoscritto agli uffici comunali di Molfetta, «di non accedervi senza l'autorizzazione del giudice»: l'errore stava nella non applicabilità della misura interdittiva ad una carica elettiva (quale è quella di un sindaco).
Si è trattato di «una modifica del dispositivo che ha previsto la sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficio per un anno, con il divieto di dimora presso i locali di Palazzo di Città. È una sorta di divieto di avvicinamento al Comune. Bisognerà capirne l'attuazione pratica, ma siamo soddisfatti perché vuole dire che è stata accolta parte della tesi difensiva, ha spiegato Mario Malcangi, uno dei due difensori di Minervini, dopo la notifica del provvedimento del Tribunale del Riesame.
«Tra 45 giorni saranno rese note le motivazioni», ha aggiunto il legale. «Evidenziamo che il Riesame ha ritenuto di non confermare alcuna misura in ordine ai reati più gravi contestati, in particolare, quello di aver turbato la gara per l'appalto di Porta Futuro, il depistaggio e la corruzione», ha detto l'avvocato Tommaso Poli.
A rappresentare i primi due indagati, entrambi sospesi dall'esercizio dei pubblici uffici per un anno, gli avvocati Felice Petruzzella, Nunzio Palmiotto e Domenico D'Alessandro, mentre l'imprenditore è difeso dall'avvocato Maurizio Masellis. Tutti, con le loro memorie difensive, proveranno a convincere i giudici della assenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico dei loro assistiti rispetto alle accuse di presunte irregolarità relative all'affidamento di appalti comunali negli anni scorsi.
Da sabato sera, intanto, il sindaco di Molfetta, Tommaso Minervini, è libero (non è più ristretto agli arresti domiciliari), ma non potrà avvicinarsi a Palazzo di Città e agli uffici comunali molfettesi. Il Tribunale del Riesame, infatti, ha notificato un secondo dispositivo in cui, al posto della sospensione dai pubblici uffici e servizi per un anno, ha disposto il divieto di dimora nei locali dell'Ente, «una sorta di divieto di avvicinamento al Comune», hanno chiarito i difensori del primo cittadino.
I giudici (presidente Giulia Romanazzi) hanno confermato le esigenze cautelari per due capi d'imputazione (peculato e falso), disponendo - in un primo momento - la sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficio, poi sostituita, per «mero refuso», con il divieto di dimora circoscritto agli uffici comunali di Molfetta, «di non accedervi senza l'autorizzazione del giudice»: l'errore stava nella non applicabilità della misura interdittiva ad una carica elettiva (quale è quella di un sindaco).
Si è trattato di «una modifica del dispositivo che ha previsto la sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficio per un anno, con il divieto di dimora presso i locali di Palazzo di Città. È una sorta di divieto di avvicinamento al Comune. Bisognerà capirne l'attuazione pratica, ma siamo soddisfatti perché vuole dire che è stata accolta parte della tesi difensiva, ha spiegato Mario Malcangi, uno dei due difensori di Minervini, dopo la notifica del provvedimento del Tribunale del Riesame.
«Tra 45 giorni saranno rese note le motivazioni», ha aggiunto il legale. «Evidenziamo che il Riesame ha ritenuto di non confermare alcuna misura in ordine ai reati più gravi contestati, in particolare, quello di aver turbato la gara per l'appalto di Porta Futuro, il depistaggio e la corruzione», ha detto l'avvocato Tommaso Poli.