"Alle mafie diciamo NOi", presentato a Molfetta il libro contro le mafie

L'incontro, alla presenza anche di tanti ragazzi, a Lama Scotella

domenica 29 settembre 2019 0.19
A cura di Verdiana Mastrofilippo
Declinare la parola "legalità", collegarne il significato preciso dandovi un peso specifico ed una consistenza reali, lontani da qualsiasi astratta rappresentazione teorica, è qualcosa di notoriamente complesso, soprattutto quando bisogna rendere quel concetto in maniera comprensibile ma forte per i ragazzi che ancora siedono tra i banchi di scuola.

Il compito diventa quasi titanico quando la "legalità", spesso così evanescente e volatile, deve essere accostata semanticamente al suo avversario più formidabile, la mafia, di fronte alla quale si rischia di sembrare armati soltanto di una sorta di talismano spuntato, privo di reale potere.
Si può dire che tutto questo è stato piacevolmente rovesciato durante la serata di presentazione del libro "Alle mafie diciamo NOi", tenutasi venerdì 27 settembre presso la sala conferenze della sede comunale di Lama Scotella. L'incontro ha visto la partecipazione, oltre che degli autori del volume Gianni Bianco, caporedattore della cronaca del TG3 nazionale, e Giuseppe Gatti, sostituto procuratore della Repubblica presso la Direzione Distrettuale Antimafia di Bari, anche del docente e scrittore Francesco Minervini in qualità di moderatore e di Sergio Amato del Presidio Libera della città di Molfetta.
L'elemento che, però, può definirsi paradossalmente più "lieto" della serata è stata la grande partecipazione di pubblico a gremire la sala conferenze, lasciando solo posti in piedi: ad essere presenti, peraltro, molti ragazzi provenienti dall'IISS Mons. Antonio Bello di Molfetta che hanno curato l'introduzione del dibattito, dimostrando con il gran numero di progetti ed iniziative dedicate alla legalità e alla lotta alla mafia l'attenzione da sempre tributata da questo istituto all' analisi e alla comprensione di queste tematiche.

Da sempre, difatti, la scuola e il mondo giovanile sono il terreno da cui possono sgorgare le energie positive con cui combattere la mafia: Gianni Bianco, nel suo intervento, non ha mancato di sottolineare che l'ultima lettera scritta da Paolo Borsellino, all'alba di quel maledetto 19 luglio 1992, fu una risposta ad una serie di domande poste da una studentessa di Padova. Furono sempre i ragazzi di Palermo a rispondere allo sconforto dolente del giudice Caponnetto quando, uscito dall'obitorio che ospitava i resti dilaniati del magistrato Borsellino, disse emblematico che era "finito tutto", per poi essere smentito dalla speranza e dal coraggio dei suoi più giovani concittadini che testimoniarono con la loro presenza un impegno che non finiva lì. E se già Carlo Alberto della Chiesa negli anni '80 aveva compreso che bisognava andare nelle scuole per raccoglierne le voci, a maggior ragione ciò diventa vero in questo momento storico, dove sembra spettare a ragazzi sempre più giovani caricarsi le spalle del "peso" del mondo per cercare di portarlo in salvo.

Ed è ai ragazzi che, sempre prima e sempre più frequentemente, viene chiesto di pronunciare quei "no" alla criminalità, al malcostume, alla disonestà, che in alcune terre e situazioni paiono ancora così difficili e pericolosi: ma se a quella complessa negazione, si aggiunge la piccolissima lettera "i", creando il "noi", la lotta smette di essere affare di uno solo, o del lavoro delle forze dell'ordine, per trasformarsi in una precisa responsabilità morale ed ideale, dove sono da mutare culturalmente tanti minuscoli ed apparentemente innocui atteggiamenti, che però forniscono terreno fertile alla connivenza con le associazioni criminali.
Questo, come spiegato dal magistrato Gatti, porta al vero concetto di legalità, che non è un coacervo sterile di norme giuridiche munite di sanzione: quest'aspetto lo conoscono anche le associazioni criminali, per cui ogni violazione del codice di comportamento e in particolar modo dell'omertà, porta ad una pena, spesso coincidente con la morte, all'interno di una forma di legalità venefica che vede l'altro come un semplice mezzo, come un estraneo, come un diverso, su cui porsi verticalmente per schiacciarlo.

La legalità, quella vera, è una cosa completamente diversa, è qualcosa di orizzontale che nasce nelle formazioni sociali tutelate dall'art. 2 della nostra Costituzione ed è profondamente connessa all'idea di solidarietà, al vedersi davvero uguali e simili, combattendo ogni forma di sopraffazione che, sebbene paia persino inoffensiva come può accadere con il bullismo, così vicino al mondo giovanile, in realtà nasconde dei germi di infiltrazione paramafiosa, proprio perché, ancora una volta, vede qualcuno imporsi su un altro con violenza e coercizione.

Sul finale, agli autori sono state poste domande da parte del pubblico e dei ragazzi presenti, interessati alle storie personali di mafia e di lotta alla stessa contenute nel libro di Bianco e Gatti, piccolissime ma al contempo enormi tessere di quel mosaico che è il "noi", evocato emblematicamente nel titolo del libro.