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Pangasio del Mekong venduto come cernia: il 75% del pesce è estero

Allarme di Coldiretti anche sull'uso di sostanze chimiche per far apparire il pesce fresco

In Italia due pesci su tre provengono dall'estero. Per i molfettesi abituati ad avere il pesce a portata di mano suonerà come un paradosso ma questi numeri sono i dati ufficiali che fotografano il mercato ittico in Italia e in Europa. Il settore dipende per circa il 75% dal prodotto estero spesso spacciato per "made in Italy". Dal pangasio del Mekong venduto come cernia; al filetto di brosme spacciato per baccalà, fino all'halibut o la lenguata senegalese commercializzati come sogliola: la frode è sempre in agguato anche perché al ristorante non è obbligatorio indicare la provenienza. Non solo: la pesca in Puglia ha subito le ripercussioni di pratiche sempre più illegali e nocive per la salute umana, rileva Angelo Corsetti, direttore di Coldiretti Puglia, quali per esempio l'uso sempre più frequento del "catodo", un prodotto chimico che, spruzzato sul pesce lo farebbe sembrare fresco, come appena pescato, anche quando invece non lo è magari perché importato dall'estero.

Dopo le norme, a nostro giudizio sbagliate, sulla rottamazione delle barche che hanno devastato la marineria molfettese, anche su questo fronte l'Europa si mostra miope e in ritardo. Un passo avanti comunque è rappresentato dalla proposta di risoluzione votata dal Parlamento europeo sulla tracciabilità dei prodotti della pesca e dell'acquacoltura nella ristorazione e nella vendita al dettaglio dopo che vari studi hanno evidenziato livelli significativi di etichettatura scorretta dei prodotti ittici venduti sul mercato UE. Proposta sostenuta anche dalla Coldiretti Puglia.

"La crisi del settore si trascina da 30 anni e ha causato la perdita del 35% dei posti lavoro e la chiusura del 32% delle imprese, una 'rotta persa' da tempo dal settore con una governance debole ed incapace di gestire una politica di ripresa" è la tesi di Coldiretti. Un mercato, quello del consumo del pesce, che aumenta, ma sempre più in mano alle importazioni. La produzione ittica derivante dall'attività della pesca è da anni in calo e quella dell'acquacoltura resta stabile, non riuscendo a compensare i vuoti di mercato creati dell'attività tradizionale di cattura".
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